Un viaggio nei segreti del memoriale di Moro

Presentato alle Oblate il libro che raccoglie i testi ritrovati nel covo delle Br nel ’90. Il curatore Di Sivo: "Ha fornito nuove rivelazioni sul perdiodo di prigionia"

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L’"intelligenza prigioniera" di Aldo Moro come l’ha definita Michele Di Sivo, capo della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana, riemerge dall’Archivio di Stato di Roma che nel ’91 ricevette dall’autorità giudiziaria di Piazzale Clodio le lettere dello statista, quelle pervenute e i 237 fogli del Memoriale Moro. In fotocopia, ché l’originale ufficialmente è scomparso.

"Ho recuperato il materiale nel 2013 – spiega Di Sivo – poi il mio gruppo di lavoro, comprendente Miguel Gotor, Sergio Flamigni e Francesco Maria Biscione e altri ci abbiamo lavorato su con pazienza per quattro anni". ll ’Memoriale di Aldo Moro’ a cura di Di Sivo è al centro dei dialoghi avviati due anni fa. Lavoro sui testi scritto dallo statista durante l’interrogatorio del tribunale del popolo, arrivato a noi grazie alle fotocopie fatte dalle Br. Nel 2019 nuova edizione integrale, “Il Memoriale di Aldo Moro, 1978“ a cura di Francesco M. Biscione, Michele Di Sivo, Sergio Flamigni, Miguel Gotor, Ilaria Moroni, Antonella Padova, Stefano Twardzik pubblicata da De Luca Editori d’Arte. Il Memoriale è stato presentato ieri anche alla Biblioteca delle Oblate, presenti i giornalisti Sandra Bonsanti e Marco Damilano, anche opinionista tv, lo storico Miguel Gotor. Incontro presieduto da Valdo Spini, deputato socialista alla Camera dal ’79 fino al 2008, vicesegretario dall’81 all’84, poi sottosegretario e ministro.

"Il nostro – dice Di Sivo – è un lavoro accurato di ricostruzione dei vari appunti di Moro durante i 55 giorni della prigionia, della sua scrittura fatta anche di riferimenti a parti cancellate e parti mancanti. Tutto in ordine cronologico; un lavoro difficile perché i testi non sono datati, ma organizzati secondo le risposte date ai carcerieri, le sue riflessioni, per temi e argomenti".

Continua Di Sivo: "Moro ha risposto con criteri suoi. In due fasi. Una dopo l’annuncio della sua condanna (comunicato Br del 15 aprile, fine del ‘processo popolare’, ndc) riscritta e ripensata. Che meglio fa comprendere la lettera inviata a Cossiga il 29 marzo, in cui Moro fa presente che è possibile ’graduare’ il suo interrogatorio. Si comprende cosa e ciò che aggiunge di sua mano".

Poi il dramma Moro, umano e politico – trattativa-linea della fermezza – vira al peggio. "Eppure – continua Di Sivo – Moro scrive che sarà liberato e che deve ciò alla generosità delle Br. E’ il momento della sua massima pressione per tornare in libertà. L’aspetto più complesso. Chiede una trattativa politica. Spiega che, uscito, riprenderà la vita politica ed entrerà nel Gruppo Misto. Insomma: c’è un significato diverso da dare alle sue scritture".

Ma l’ultima trattativa naufraga. C’è una dicotomia netta con il mancato riconoscimento politico chiesto dlle Br. E l’esecutivo decide di “giustiziare” il prigioniero. "Questo lavoro – commenta Valdo Spini – suscita e rinfocola molti interrogativi: sul perché il materiale sia stato trovato due volte, nel ’78 (quando ’cadde’ per mano dei carabinieri di Dalla Chiesa il covo di via Montenevoso a Milano, ndc) e poi nel ’90 (durante la ristrutturazione dell’ex covo, ndc); sul fatto che Moro aspettasse di essere liberato: cosa è successo? Sul suo annuncio, a liberazione avvenuta, di tornare in politica e di entrare nel Gruppo Misto. Per la Dc sarebbe stato un colpo lacerante. Specie questo elemento getta una nuova luce anche sulla opzione umanitaria del Psi, favorevole alla liberazione di Moro".

giovanni spano

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