Firenze, voglia di dare casa ai bimbi ucraini. Centinaia di telefonate per l’affido

L’assessora Funaro spiega il percorso: corso di formazione, incontri con psicologi e decisione del giudice. "Bello lo spirito di solidarietà, ma è un terreno scivolosissimo. Tutto si può fare rispettando la legge"

Sara Funaro

Sara Funaro

Firenze, 8 marzo 2022 - In questo momento drammatico ci sono tre famiglie fiorentine che stanno vivendo uno sconvolgimento personale. Avevano iniziato il percorso d’adozione di bambini ucraini. Una in particolare aveva già conosciuto il piccolo, pochi giorni prima che scoppiasse la guerra. E’ rimasto in Ucraina, dovevano incontrarlo ancora. A un passo dal farlo entrare in famiglia. Loro sono psicologicamente devastati, dopo il lunghissimo percorso che finalmente li aveva portati da lui. "Il centro per le adozioni sta monitorando la situazione", dice l’assessore al welfare di Palazzo Vecchio Sara Funaro.

Adozioni, un capitolo. Affidamento, un altro. Al centro affidi del comune stanno arrivando centinaia di telefonate da parte di famiglie fiorentine, di coppie, di single. Si fanno avanti per avere in affidamento un bambino ucraino. "E’ bellissima la solidarietà che sta emergendo, ma noi stiamo dando informazioni a tutti che il percorso non può uscire da quelle che sono le regole, da ciò che la legge esprime chiaramente, prioritariamente a tutela dei minori, ma anche degli affidatari", dice Funaro.

Dunque, ecco come si fa. La famiglia, la coppia o il single deve rivolgersi al Centro affidi del comune di residenza. Da parte dei servizi sociali verrà attivato uno specifico percorso di formazione e conoscenza. La formazione prevede la partecipazione a quattro incontri di gruppo, a seguire un percorso di conoscenza individuale di 3/4 incontri e una visita domiciliare. Al termine, l’équipe del Centro affidi (assistente sociale e psicologo) condividerà il percorso per definire l’inserimento o meno in banca dati.

I prossimi incontri informativi per accedere al corso di formazione si terranno da remoto dalle 17 alle 19 il 10 e il 31 marzo e il 5 maggio. Per iscriversi è sufficiente contattare il centro alla mail centroaffidi@comune.fi.it. "I nostri servizi se arriveranno moltissime richieste sono disponibili ad aumentare gli incontri", dice Funaro. "Tutto deve passare dai percorsi istituzionali". Dopo la valutazione di assistente sociale e psicologo l’affidamento dovrà essere deciso dal giudice.

 

L’odissea burocratica con la Russia

"Covid e guerra da 27 mesi in attesa del nostro bambino"

"Facilitare le adozioni internazionali permetterebbe di salvare i bambini dalla guerra e di dare loro un futuro".  È l’appello di Beatrice Pietrini, che insieme al marito, Maurizio Marchi, ha iniziato nel 2019 l’iter per un’adozione, scegliendo poi di portarlo avanti a livello internazionale, nella Federazione Russa. Anche loro, come molte altre coppie, si trovano ora con l’iter bloccato dalla guerra. Con il rischio che gli scontri fra Paesi fermino ogni possibilità di andare avanti e che il percorso debba ripartire da zero, con chissà quali tempi. «Insieme a mio marito – scrive Beatrice - ho iniziato l’iter adottivo nell’autunno 2019. Ad aprile 2021 ho dato mandato a un ente autorizzato, tappa obbligatoria per inoltrare richiesta di adozione internazionale, nel mio caso nella Federazione Russa. Ci sono voluti circa 18 mesi per ottenere in Italia l’idoneità all’adozione, indispensabile per iniziare l’iter all’estero. Attualmente, 27 mesi dopo l’inizio di tutto, mi trovo nell’angosciante situazione di non sapere quando potrò avere la gioia di conoscere mio figlio o mia figlia, visti i tragici eventi di questi giorni. Ma ciò che mi ha spinto più di ogni altra cosa a scrivere queste parole sono le immagini degli orfanotrofi ucraini e gli appelli a fare donazioni. Ad oggi in Ucraina sono depositate, da parte di famiglie italiane, 108 richieste di adozione, mentre per la Federazione Russa sono ben 261, compresa la mia… Di sicuro non si sarebbe risolto il problema degli orfanotrofi ucraini o russi ma se le tempistiche fossero state non dico rapide, ma anche solo ragionevoli, la maggior parte di questi 369 bambini sarebbero in Italia, amati e protetti da genitori che li hanno cercati con costanza e determinazione, spesso a costo di sacrifici e difficoltà di ogni genere. Si parla troppo poco di questa realtà. Perché fa sempre più rumore l’albero che cade della foresta che cresce. L’appello che mi sento di fare, per tutti i bambini che vivono in un orfanotrofio sotto le bombe è quello di prevedere delle procedure di emergenza, soprattutto per le coppie che hanno già ottenuto l’idoneità all’adozione. Lo Stato sa tutto di queste famiglie, le ha già esaminate con attenzione. Queste coppie chiedono solo di aprire la loro casa a un bambino o a una bambina, che verrebbero così strappati alla guerra".  Li.Cia.

 

La lunga attesa dall’Ucraina

"Nostro figlio adottivo è in un orfanotrofio aiutateci a salvarlo"

"A tutte le istituzioni chiediamo: aiutateci ad adottare nostro figlio, rimasto in un orfanotrofio in Ucraina". È l’appello di Roberta e Francesco, moglie e marito fiorentini che dal 2019 hanno iniziato il lungo iter per un’adozione internazionale che li ha portati in Ucraina. Hanno aspettato tre anni per un abbraccio. E quando, finalmente, il sogno si è concretizzato, si sono trovati una guerra a dividerli dalla possibilità di diventare genitori e di regalare un futuro al bimbo che avevano già conosciuto. "Era il dicembre 2019 – spiegano – quando abbiamo presentato domanda al tribunale di Firenze. Nel 2020 abbiamo avviato il percorso richiesto con una serie di colloqui e ottenuto, nell’ottobre 2020, l’idoneità all’adozione. Tra marzo e maggio 2021 abbiamo dato mandato a un ente internazionale, Cifa Ong, di procedere, scegliendo l’Ucraina".

Poi ancora documenti, certificati, traduzioni, fino alla notizia più bella: il 14 febbraio il primo incontro con il bambino. "Siamo andati a Kiev – spiegano – e da qui in un villaggio a un’ora e mezzo da Donetsk. Abbiamo visto gli assistenti sociali, fatto altri documenti e soprattutto siamo stati tre giorni con il bambino. Ha sei anni e mezzo. Siamo stati tanto insieme, abbiamo iniziato a conoscerci". E, dopo quegli incontri, il rientro in Italia più convinti che mai di andare avanti. Animati dalla voglia di trasformare quei primi contatti in un futuro da costruire insieme. "Avremmo dovuto fare solo altri due viaggi – spiegano – uno per ottenere la sentenza del tribunale di Kiev e un altro per rientrare in Italia con nostro figlio. Invece è scoppiata la guerra e tutto è stato travolto. Abbiamo notizie sporadiche dall’orfanotrofio e speriamo solo che, trattandosi di un centro isolato, non venga colpito dalle bombe. Ma sappiamo che l’iter per l’adozione non potrà andare avanti come previsto. Non ci sono giudici per esaminare il caso e il rischio è che tutto vada perso". Da qui l’appello alle istituzioni. "Chiediamo ai ministeri competenti e alle autorità di aiutarci e di gestire la situazione – dicono – sappiamo che è difficile, che ci sono altre priorità, ma anche questo è importante. Se l’adozione venisse completata con un iter eccezionale, concordato con Kiev, potremmo mettere al sicuro molti bambini che si trovano in questo limbo, evitando che si sentano abbandonati una seconda volta nella loro vita".

Li.Cia.