Uccise padre e matrigna. L’assassino non è processabile

Uccise babbo e matrigna: incapace d’intendere. E non c’è posto nella Rems

Dario Capecchi, in carcere per l’omicidio del padre e della matrigna

Dario Capecchi, in carcere per l’omicidio del padre e della matrigna

Firenze, 10 febbraio 2019 - Incapace d'intendere e di volere. Non solo: anche socialmente pericoloso, quando impugnò quel coltello.

Per Dario Capecchi, l’operaio e disc jockey per diletto di Impruneta che in una notte di delirio, obbedendo a un comando dell’Isis (questo disse) ha ucciso il padre Osvaldo e la matrigna, Patrizia Manetti, 68 anni entrambi, non ci potrà essere nessun processo: le conclusioni a cui è giunta la perizia del consulente del gip, dottor Giancarlo Boncompagni, spalancano (com’era prevedibile) le porte della non imputabilità per il suo vizio di mente. Ma l’iter giudiziario è tutt’altro che risolto. Anzi. Capecchi, come denuncia il suo avvocato, Simona Salamò, per le sue ormai acclarate condizioni non può stare in carcere. E invece sono più di sette mesi che si trova Sollicciano, con una misura di sicurezza provvisoria che potrebbe presto diventare definitiva: il prossimo 7 marzo, davanti al gip Gianluca Mancuso, si celebrerà il processo, con il rito abbreviato, che si non concluderà con una condanna (in quanto appunto non imputabile), ma comunque con un provvedimento del giudice, che sarà presumibilmente la collocazione dell’operaio in una Rems.

Ad oggi, Capecchi è in attesa di un posto, magari a Volterra, l’unica struttura – che, a differenza dei penitenziari, gestiti dal ministero di grazia e giustizia, dipende dal ministero della Sanità – in grado di accoglierlo. Davanti a lui ci sono almeno una ventina di casi come il suo, «anche se al momento in cui la sua misura di sicurezza diventerà definitiva – auspica l’avvocato Salamò – Dario potrebbe fare in balzo in avanti nella lista d’attesa».

Che Capecchi, 44 anni, si debba curare e debba essere adeguatamente assistito, non lo dicono soltanto le perizie, ma anche i fatti. L’interruzione delle cure farmacologiche lo ha portato dritto nel tunnel culminato nell’atroce duplice omicidio del padre e della sua compagna. Nel periodo che precedette l’atroce delitto, il babbo Osvaldo gli ripeteva di ricominciare a prendere i farmaci. Ma lui non ne volle sapere.

Le indagini dei carabinieri, coordinati dal pubblico ministero Massimo Lastrucci, hanno lasciato poco spazio ai dubbi su ciò che è avvenuto nella notte tra il 29 e il 30 giugno in via Longo a Impruneta. La testa del dj Dario de Janeiro si riempì di mostri e cominciò a vibrare coltellate all’impazzata, senza scampo per le due vittime sorprese nel letto.

stefano brogioni

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