Togliamo questo sudario consumistico

Migration

Stefano

Cecchi

Ma davvero è auspicabile e proponibile un numero chiuso di turisti per Firenze? Sul dibattito, rilanciato dal recentissimo caso Venezia, da anni non riesco ad avere un’opinione netta. Se da una parte una voce ragionevole mi dice che è follia non intervenire sull’orda spropositata di persone bercianti che, senza regole, strangola le strade che abbracciano Piazza Signoria e Piazza san Giovanni, dall’altra una voce sentimentalmente connessa al cuore mi ricorda quando, da ragazzo, sentivo prepotente il senso meraviglioso della libertà soffiarmi addosso nel primo contatto che avevo con luoghi sacri della cultura come lo è il centro storico fiorentino. Libertà contro opportunità, insomma. Il problema infatti non è per le risorse che arriverebbero o non arriverebbero da un possibile ingresso a pagamento nelle città più frequentate. Oggi, i turisti la loro visita la pagano già con quel biglietto d’ingresso indiretto che è la tassa di soggiorno. Il problema è appunto di opportunità. Ovvero se è giusto porre un limite al desiderio di conoscenza delle persone, a quella spinta interiore popolare e positiva che ci porta a volere apprezzare di persona il bello. E siccome io non sono fra coloro che esorcizzano il turismo, non sono insomma fra coloro che si chiedono perché si chiami "la stagione dei turisti" se poi non si possa sparargli, ecco che mi piacerebbe che i numeri chiusi invece che imporli alle persone si imponessero a quelle attività commerciali che hanno reso il centro di Firenze una disneyland caotica del rinascimento. Mi piacerebbe, insomma, che si cominciassero a togliere hamburgherie e B&B, uffici cambiasoldi e bar improvvisati, airbnb e ristoranti improbabili per restituire quegli spazi a ciò che erano anni addietro, abitazioni per fiorentini o per studenti e anche uffici o studi per professionisti. Mi piacerebbe, insomma, che il numero chiuso a Firenze lo si stabilisse per la rendita senza anima e non per la voglia di bellezza. Fra l’altro, con un centro storico fatto di meno insegne e più c aspirate, a guadagnarcene non sarebbe solo la città ma anche la soddisfazione dello stesso turista, che si misurerebbe con qualcosa di vero e di caratterizzante e non con la plastica indistinta che oggi, come un sudario consumistico, avvolge e soffoca la nostra meravigliosa città.

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