Tempo scaduto Diamo risposte agli studenti

Gabriele

Cané

Rispetto al virus siamo come le donne nei paesi islamici: un passo indietro. Nel dubbio, anche due. Per quanto riguarda la scuola, almeno tre. Insomma, a debita distanza dalla soluzione del problema: come garantire il diritto allo studio, attività che non si svolge davanti a uno smartphone, ma nelle aule scolastiche o universitarie, con la salute di studenti, famiglie, docenti e personale vario. Ce lo chiediamo da maggio scorso, sapendo che a settembre sarebbe suonata di nuovo la campanella. E per approfondire il tema, ce lo stiamo chiedendo ancora.

Ce lo chiediamo (se lo chiedono) in particolare per uno dei nodi che frenano il ritorno alla normalità soprattutto nelle superiori, come inspiegabilmente (per l’Italia) è accaduto in tutti gli altri paesi. Domani, non ieri, ieri l’altro, due mesi fa, parte il tavolo attorno a cui la Regione ha messo enti locali, aziende di trasporto, autorità scolastiche. Tema: servono più bus negli orari topici, e comunque occorre prevedere ingressi e uscite differenziate.

A livello comunale, comprensoriale, almeno, non un istituto sì, l’altro no e il terzo forse come è accaduto alla ripartenza. E fin da ora sappiamo che mancano i soldi e un piano organico di scaglionamento. Ci penserà il tavolo? Speriamo. A una certa ora del 25 dicembre nascerà Gesù, e dunque bisogna essere buoni pensando che possono farcela. Perché una cosa è chiara: a non farcela più sono i ragazzi, i prof, i presidi. Come quelli del Castelnuovo che fanno lezione all’aperto pur di sfuggire alla Dad, e che hanno scritto a Giani e Nardella per tornare in classe prima di Natale. Non saranno accontentati per una scelta nazionale che nasce dalla incapacità del sistema Italia di tenere in piedi il pilastro fondante della società: l’istruzione. Adesso, il tempo è scaduto. Una generazione bolle. Scoppia. Servono risposte concrete. Se no, sopra i tavoli voleranno i banchi. Meglio se a rotelle.