La stella esplosa nell'Universo-bambino, trovata la traccia della supernova

La scoperta di un gruppo di ricercatori guidato dall'Università di Firenze

Rappresentazione artistica delle prime stelle dell'universo. Credit NASA/WMAP Science Team

Rappresentazione artistica delle prime stelle dell'universo. Credit NASA/WMAP Science Team

Firenze, 29 luglio 2021 - Scoperte le tracce di una delle prime stelle che si sono formate nell'Universo. A scoprirle è stato un gruppo di ricercatori guidato dall'Università di Firenze che ha pubblicato i dettagli di questa particolarissima osservazione in un articolo pubblicato su The Astrophysical Journal Letter. Nel profondo del tempo, quando l'Universo era ancora bambino, circa 13,5 miliardi di anni fa, da un mare calmo e oscuro costituito solo da idrogeno ed elio, apparvero le prime stelle. Si pensa che le prime stelle fossero piu' massicce del nostro Sole e dunque destinate a morire esplodendo come supernovae e diffondendo nell'ambiente circostante i primi elementi chimici pesanti forgiati durante la loro evoluzione (carbonio, ossigeno, ferro, zinco...).

La ricerca delle tracce delle prime stelle è a oggi una delle frontiere più affascinanti dell'astrofisica e della cosmologia. Dal gas arricchito di elementi chimici derivanti dall'esplosione di quei primi astri sono infatti nate le stelle di seconda generazione. Di queste ultime, le stelle di piccola massa sono sopravvissute fino ai giorni nostri. In questo quadro si colloca la ricerca che ha portato ad identificare le tracce chimiche dell'esplosione di una prima supernova, di altissima energia, in una stella di seconda generazione, denominata AS0039, presente nella galassia nana di Sculptor, che gravita attorno alla nostra Via Lattea.

"Altre volte le ricerche hanno provato, attraverso lo studio delle tracce chimiche di stelle di seconda generazione, l'esistenza di stelle primigenie, ma finora tutti i dati analizzati hanno indicato che la stella primordiale progenitrice e' deflagrata con una bassa energia di esplosione", spiegano Asa Skuladottir e Stefania Salvadori, del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell'Università di Firenze e associate all'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), che hanno guidato il lavoro.

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