Firenze, studentesse violentate: parla per la prima volta l'ex carabiniere condannato

L'ex militare di Prato è stato condannato a 4 anni e 8 mesi. "Quella notte è il più grande rammarico della mia vita"

L'ex carabiniere Marco Camuffo (foto Marco Mori/New Press Photo)

L'ex carabiniere Marco Camuffo (foto Marco Mori/New Press Photo)

Firenze, 14 ottobre 2018 - Giovedì scorso è stato condannato a 4 anni e 8 mesi, in abbreviato. Ma l’Arma dei carabinieri aveva licenziato l’appuntato scelto Marco Camuffo, 45 anni, di Prato, ancor prima del verdetto di primo grado. Assieme all’ex collega Pietro Costa (rinviato a giudizio, il processo inizierà a Firenze il 10 maggio 2019) è accusato della violenza sessuale, durante il servizio, di due studentesse americane di 19 e 21 anni. Per la prima volta, ha deciso di parlarne, non davanti a un magistrato.

Signor Camuffo, torniamo a quella notte tra il 6 e il 7 settembre scorso, al piazzale Michelangelo, quando intervenne con la gazzella del 112 alla discoteca Flo. Cosa non rifarebbe?

"Quella sera è il più grande rammarico della mia vita, ci penso giorno e notte. Ovvio che non rifarei niente di quello che è accaduto dopo la chiusura dell’intervento al Flo".

All’udienza, ha spontaneamente dichiarato che l’idea di portare le ragazze  a casa non fu sua. Ma lei era il più alto in grado e anche il più anziano.

"È vero, come più alto in grado avrei dovuto dire di no alla richiesta del collega. Ho violato la consegna, trasgredito ai miei doveri come militare. Ho un dolore immenso per aver cagionato tanto imbarazzo all’Arma e so che si tratta di errori imperdonabili. L’unica cosa che potevo fare, per quel che può valere, era assumermi almeno le mie responsabilità, cosa che ho fatto immediatamente, due giorni dopo davanti alla magistratura ordinaria e una settimana dopo davanti a quella militare".

Ha ripetuto anche che il sesso fu consenziente, l’accusa ha però formulato conclusioni opposte che hanno dato luogo anche a frizioni durante il processo. Le venne mai in mente che comunque lei, quella notte, era in servizio?

"«Ribadisco quello che ho sempre detto fin dal primo momento e cioè che il rapporto fu consensuale e consapevole. Confido nell’autorità giudiziaria e spero di poter dimostrare un giorno la mia innocenza nei successivi gradi di giudizio. Per il resto, non so davvero cosa dire se non chiedere perdono a tutti".

È stato destituito dall’Arma. Lei ha famiglia, come vive? I suoi cari come hanno affrontato questo terremoto?

"Anche la mia famiglia soffre moltissimo per colpa mia, specialmente i miei figli. È un’angoscia indicibile, che non so neppure spiegarle a parole, sapere di aver provocato proprio ai tuoi figli tanta sofferenza, di averli messi in gravi difficoltà anche nei rapporti con la scuola e con gli amici. Per di più con la destituzione ho perso il lavoro e ho messo la mia famiglia anche in gravi difficoltà economiche. Sono ovviamente disposto a fare qualsiasi tipo di lavoro, ma non è facile trovarne uno a 45 anni di età, in questo periodo di crisi e soprattutto con un’accusa così pesante sulle spalle. I miei genitori mi hanno dato una mano, economicamente intendo, e anche questo mi provoca una stretta al cuore. Provi ad immaginare cosa sia, per un padre, non poter più dare ai propri figli le stesse cose che si potevano permettere solo un anno fa sapendo che la colpa delle loro privazioni è solo tua. Eppure loro mi danno tanto: sono loro che mi danno la forza di continuare a lottare. Solo il pensiero dei miei figli mi ha aiutato a superare momenti terribili, in cui ho davvero pensato che forse il mondo stava meglio senza di me".

Se avesse davanti la ragazza, cosa le direbbe?

"Non so davvero rispondere a questa domanda. Non ci ho mai pensato anche perché non credo proprio che la vita ci metterà di nuovo davanti".

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