Strage Georgofili, la testimonianza: "Ho perso tutto, mia moglie è viva per miracolo"

Dopo la cattura di Matteo Messina Denaro, Aldo Cursano - attuale presidente Confcommercio Firenze - ricorda quella notte: "Penso ai miei vicini di casa e alle piccole Nadia e Caterina"

Il luogo della strage visto dall'alto (archivio New Press photo)

Il luogo della strage visto dall'alto (archivio New Press photo)

Firenze, 17 gennaio 2023 -  All'indomani della cattura di Matteo Messina Denaro, 60 anni, boss superlatitante di mafia che da trent'anni aveva fatto perdere le tracce, pubblichiamo la lettera di Aldo Cursano, presidente Confcommercio Firenze, uno dei sopravvissuti alla strage dei Georgofili.

"Ero in inquilino a quel tempo di un appartamento in via Lungarno degli Archibusieri 4, esattamente sotto l'allora Hotel Quisisana, epicentro dell'attentato - racconta Cursano -. Ho sempre conservato in me, quale disastrato di via dei Georgofili, la memoria di quei tragici momenti che hanno per sempre segnato e condizionato la mia vita  e quella dei miei cari. A oggi ho sempre pensato che la nostra pur traumatica vicenda rappresentasse “poca cosa” rispetto alla tragedia dei nostri vicini di casa che hanno perso la vita. A 30 anni da quella tragica ricorrenza e con l’arresto, sento il dolore e il dovere di condividere la mia testimonianza con il solo intento di rafforzare la condanna più assoluta contro ogni tipo e forma di terrorismo che così pesantemente quella notte del 27 maggio del 1993 colpì degli innocenti e ferì al cuore la nostra meravigliosa città".

Quel boato improvviso

"Mancavano pochi minuti all’una di quella notte, stavo chiudendo il mio bar dopo una giornata di lavoro, quando ho deciso di mangiare qualcosa prima di ritornare a casa. Chi avrebbe mai immaginato che quel toast mi avrebbe salvato la vita. Come tutte le sere, mi dirigo verso casa attraversando lentamente il centro quando un certo punto sento uno scoppio improvviso. Il boato si diffonde per strade e vicoli, rimbalza da muro a muro e ovunque scattano gli allarmi, la città si scuote e si sveglia e si riconosce ferita. Le finestre delle case si illuminano e la gente si affaccia per capire cosa fosse successo. Impossibile capire l’origine del botto e non mi sfiora nemmeno il sospetto che possa essere avvenuto vicino alla mia abitazione. Ma la certezza diventa dubbia, via via più atroce man mano che mi avvicino verso casa da Por Santa Maria in via Lambertesca".

Le richieste di aiuto tra le macerie

"Sotto i miei occhi le prime tracce della tragedia: fumo impenetrabile, vetrine e bandoni in frantumi, strade piene di detriti di ogni genere, gente che gridava aiuto dalle finestre, urla e pianti strazianti di madri con in braccio i propri figli, famiglie intere, uomini e donne sanguinanti e terrorizzati si riversavano per strada nel cuore della notte. Tutti cercavano un perché e invocavano aiuto. Il panico più totale. Paura, tensione e quell’assordante rumore degli allarmi dei negozi e delle macchine facevano da sfondo ad una tragedia immane che ha lasciato un segno indelebile dentro di me. Poi ho riconosciuto alcuni pezzi degli scooter dei miei familiari e ho capito che l’area del disastro era proprio accanto alla mia abitazione. E' come se la mia vita fosse stata annullata in un solo attimo. Il mondo mi è cascato addosso e ho cominciato a pregare. Il cuore si ferma, non riesco a muovermi o pensare, volevo gridare aiuto, volevo in tutti i modi fare qualcosa per i miei cari, il Signore sapeva quanto lo desiderassi ma non riuscivo a camminare, non riuscivo a parlare, ero come immobilizzato, appoggiato al muro. Dopo momenti lunghi un’eternità riesco ad alzarmi e tento di avvicinarmi verso la mia casa, verso i miei cari. Intorno a me il caos e il panico più totale. In pochi minuti sul posto arrivò il mondo intero: vigili del fuoco, polizia, carabinieri, ambulanze, protezione civile, agenti in borghese, vigili, l’esercito. Provo in tutti i modi a forzare il cordone, volevo raggiungere casa ma non riesco".

Il miracolo

"Distrutto, prego e chiedo a chiunque informazioni per capire che fine avessero fatto i miei cari. Verso le 2.30 della notte un miracolo: un vigile del fuoco mi informa che alcuni suoi colleghi avevano portato fuori dalle macerie delle ragazze illese dal palazzo e che stavano bene ma non sapevano se fossero turiste o altro. Quelle parole fecero rinascere il fuoco della speranza. Di corsa, nella più assoluta confusione, chiedo, cerco, domando a tutti sino a quando un poliziotto mi dice di aver visto due ragazze in pigiama abbracciate e infreddolite che andavano verso la stazione. Mentre con il cuore in gola continuo a cercare da lontano sento gridare piangendo il mio nome. Era la mia compagna e futura moglie insieme a mia cognata. Non ci sono parole nell’esprimere ciò che in quel momento ho provato dentro di me. Il primo pensiero l’ho rivolto al Signore che aveva ascoltato ed esaudito le mie preghiere ed ancor prima di abbracciare i miei cari ho recitato ad alta voce il più intenso “Padre nostro“ della mia vita. Ero l’uomo più felice al mondo: eravamo tutti vivi e nient’altro contava".

Il ricordo dei vicini di casa

"Mi sono sempre considerato un miracolato da quell’attentato terroristico perché ho avuto la fortuna e il privilegio di avere una nuova occasione di vita, la compagna di allora è diventata di lì a poco mia moglie e madre dei miei figli e vivo con gratitudine verso la mia Firenze che in quei tragici momenti mi ha fatto sentire protetto, difeso e in famiglia, stringendomi nel lungo e non facile processo di recupero della normalità. Questa testimonianza ha il solo fine di ricordare e rendere onore alla memoria di vite a cui è stata preclusa questa opportunità, come la piccola Caterina di appena 50 giorni, la sorellina Nadia di 9 anni, la mamma Angela Maria di 31, il babbo Fabrizio di 38 insieme a Dario, studente universitario di appena 22 anni,  morti in quel tragico attentato che hanno lasciato un segno indelebile nella mia vita come nel cuore e nella memoria della nostra amata città".   

 

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