In principio fu la "Supercazzora", oggi è finita in cattedra

Zefiro Ciuffoletti ed altri docenti hanno tenuto una lectio magistralis sulla celebre invenzione del Conte Mascetti nel film "Amici miei. Svelando un retroscena sulle origini

Ugo Tognazzi interpreta il Conte Mascetti nel film  di "Amici Miei"

Ugo Tognazzi interpreta il Conte Mascetti nel film di "Amici Miei"

Firenze, 27 novembre 2019 - Una lectio magistralis come se fosse antani in una delle aule della leggendaria via Laura storica sede dell' Università di Firenze. Due ore di Fenomenologia della supercazzola al cospetto di professori, esperti e studiosi dell'accademia della Crusca con tanto di laboratorio finale, e maglietta in regalo al vincitore, per chi l'avesse sparata più grossa. Eppure non si esaurisce certo qui la mattinata di studi sulla capacità del non far volontariamente capire nulla ai propri interlocutori di cosa stiamo dicendo, perché sul tema, il pianeta terra, non si fermerà mai. Insomma, siamo tutti un po' «cazzari« come ha sottolineato il professor Zeffiro Ciuffoletti, docente di storia sociale della comunicazione. Ma per farla bene, bisogna studiarla bene, perderci del tempo e solo così la supercazzola diventa divertente. Insieme a Ciuffoletti, stamani anche il presidente del Centro Studi di Scienze umanistiche per la comunicazione Benedetta Baldi, Neri Binozzi, docente di sociolinguistica italiana e collaboratore della Crusca, Matteo Galletti, docente di filosofia morale, Roberto Lanfredini di filosofia teoretica e Antonio Vinciguerra, professore di storia della lingua italiana. E già questa lista potrebbe sembrare una supercazzola. Invece, è tutto vero.

A confermarlo, bastava gettare lo sguardo al primo piano, all'aula 105 da 250 posti, stracolma di studenti, giovani e meno giovani che non hanno voluto perdersi l'occasione. In pochi sanno che originariamente nella sceneggiatura si parlava di "supercazzora" e non "supercazzola" ma tutti hanno riconosciuto il primo fotogramma di Amici Miei e del conte Raffaello Lello Mascetti alle prese col vigile urbano. «Supercazzola - ha spiegato Flavia Trupia, pubblicitaria e rappresentante dell'associazione per la retorica, che ha tenuto la lezione - è un parlare vuoto ma anche un parlare fallace. Insomma o tempora o mores, se non capisci quel che dico non è sempre colpa tua. La supercazzola attiva nell'interlocutore un senso di disagio e inadeguatezza e si fa finta di capire perché non si ha il coraggio di chiedere". Certo è che dai tempi di Dante e del suo "pape Satan, pape Santan aleppe" il vocabolario è cambiato, ma non il metodo. Un po' come il "Le faremo sapere" al termine di un colloquio per l'assunzione sono tanti gli esempi illustri, mostrati nel linguaggio giornalistico, a partire dai titoloni sul meteo, alle presentazioni di società e aziende e al top di gamma della supercazzola politica con i tweet di Salvini sul tortellino solidale e sull'Urss fiscale del Pd e di Matreo Renzi quando, per (non) dire che voleva fondare un nuovo partito tweetto' citando una poesia "Due strade trovai nel bosco, scelsi quella meno battuta ed è per questo che sono diverso".

Ma per giungere a una raffinata supercazzola come le «convergenze parallele« ci sono regole ben precise. Ad illustrarle, la stessa Flavia Trupia che ha svelato alla platea le regole da manuale per la perfetta supercazzola. «Innanzitutto partire con un verbo al tempo gerundio, funziona sempre - ha detto - usare l'espressione 'nell'ambito di', iniziare i periodi con delle frasi subordinate e concludere con il grande classico 'lo dice la scienza'. Ma attenzione a non citare chi è lo scienziato, altrimenti diventa troppo serio". 

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