Spadolini e l’Italia della ragione

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Cosimo

Ceccuti

Il segretario fiorentino". Così, evocando Machiavelli, Indro Montanelli salutò nel 1979 Giovanni Spadolini (nella foto), divenuto segretario del Partito repubblicano dopo la scomparsa di Ugo La Malfa. In Parlamento dal 1972, proveniente dall’insegnamento universitario – Spadolini non ha mai lasciato la Facoltà fiorentina "Cesare Alfieri", titolare della prima cattedra di Storia Contemporanea in Italia – e dalla direzione di grandi quotidiani fra cui Il Resto del Carlino, aveva legato il proprio nome alla fondazione del ministero per i Beni Culturali e aveva vissuto una breve ma intensa esperienza alla guida della Pubblica Istruzione. Di lì a poco, nel 1981, nelle drammatiche condizioni in cui si trovava il Paese, sarebbe divenuto il primo presidente del Consiglio non democristiano nella storia della Repubblica, chiamato dal presidente Pertini a fronteggiare – con successo – la grave crisi morale, economica, politica dell’Italia devastata dagli attacchi terroristici. Già ministro della Difesa, divenne nel 1987 presidente del Senato. Proprio il Senato, patrocinando l’iniziativa della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, ha ricordato in questi giorni i 50 anni dalla sua elezione nell’Alta Assemblea. Evento insolito celebrare l’elezione di un senatore scomparso da ventotto anni: dettato dal desiderio comune di richiamare in un momento difficile un esempio di alta moralità e impegno civile quale quello offerto dallo statista fiorentino a Palazzo Chigi e a Palazzo Madama. Rigoroso difensore della legalità e del sistema democratico, assertore convinto della centralità del Parlamento, Spadolini deve la popolarità alla cristallina onestà e alla ricerca costante dell’interesse generale del Paese, al "modo" di fare politica supportata dalla cultura, fondato sul dialogo e sul confronto, sul rispetto delle minoranze, nel rifiuto delle contrapposizioni rigide. Ispirandosi all’"Italia della ragione" più volte richiamata nei suoi libri. Lo hanno rievocato, a Roma, nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati e il ministro della Cultura Dario Franceschini, con colleghi giornalisti e docenti universitari. È stata così smentita l’amara convinzione espressa talvolta dal Professore: "In questo Paese chi muore è morto per sempre".

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