I somali pronti ad arroccarsi: "Noi da qui non ce ne andiamo"

A vuoto l’appello di padre Brovedani. Il Comune tira dritto: "Nessuna accoglienza senza legalità"

Due dei somali che hanno occupato il palazzo di via Spaventa

Due dei somali che hanno occupato il palazzo di via Spaventa

Firenze, 16 aprile 2017 - Hamad sistema le coperte, fa spazio tra alcune buste di indumenti pronti per essere distribuiti. «Questi dove li mettiamo» dice cercando di rigovernare l’ex salone per le conferenze di via Spaventa ora utilizzato per i momenti di relazione. Spalanca la porta, «c’è aria di chiuso». Nell’angolo, coperti quasi da un tavolo, un gruppetto di ragazzotti fuma narghilè, aspettano gli altri compagni che sono a «mangiare alla Caritas» raccontano.

«Ci arrangiamo come possiamo – dice Hamad –. Questo inverno è stato terribile, abbiamo avuto termosifoni spenti e acqua fredda. I piani superiori sono rimasti addirittura senza luce. Ci sentiamo in gabbia ma non sappiamo dove andare».

Lui, come tanti altri, è arrivato dalla Somalia. Fa parte del gruppo dei novanta rifugiati scampati all’incendio dell’ex Aiazzone, poi ospitati al palazzetto di Sesto e dal 17 gennaio nell’ex convitto dei Gesuiti in via Spaventa, una sede grande circa 3mila metri, al centro di una trattativa con i cinesi dell’università di Shangai, ritenuto il più grande politecnico della Cina che avrebbe dovuto portare in riva d’Arno oltre 250 studenti.

Proprio qui, da tre mesi, va in scena un conflitto tra legalità e solidarietà a cui il Comune di Firenze non riesce a mettere fine. «Senza richiesta di sgombero non possiamo procedere» ha detto l’assessore al welfare Sara Funaro. Padre Ennio Brovedani, l’unico gesuita rimasto a Firenze come direttore dello Stensen, è rimasto solo opponendosi a richiedere alla questura lo sgombero forzato del palazzo. Sulla sua decisione pesa anche l’appello di papa Francesco all’accoglienza dei migranti. Ma ora il gesuita non ce la fa più, «le mie risorse economiche e le mie forze sono quasi esaurite. La vostra occupazione e la nostra ospitalità dovranno necessariamente avere un limite a breve termine» ha scritto in una lettera rivolta agli occupanti, attaccando anche l’assenza «di un coordinamento tra tutte le principali istituzioni diversamente coinvolte».

Hamad come gli altri hanno letto il messaggio e nei prossimi giorni avranno un’assemblea in cui si confronteranno anche con il Movimento lotta per la casa – che ha coordinato l’occupazione – e decideranno come comportarsi. «Fino a quando il Comune di Firenze non ci troverà una casa noi non andiamo da nessuna parte, non ci muoviamo di qui» dice a caldo qualcuno. Anche se per loro, in via Spaventa, la vita non è facile. «Siamo stati abbandonati» sussurrano dai lunghi corridoi. Qualcuno lavora saltuariamente, altri passano le giornate lasciando curriculum. «E’ difficile. Solo in Italia è così, in altre nazioni i nostri amici sono riusciti a sistemarsi».

IL COMUNE: NESSUNA ACCOGLIENZA SENZA LEGALITA' - «Nessuna deroga al principio di legalità, sia chiaro. Gli alloggi vengono assegnati a chi è in graduatoria, per gli altri non possiamo che predisporre un sistema di accoglienza temporanea» mette in chiaro l’assessore al welfare Sara Funaro. «Non può passare il messaggio che chi occupa ha diritto a una casa – non usa mezzi termini –. A Firenze esiste una graduatoria, ci tengo a ribadire, ci sono persone che hanno perso il lavoro e per questo sono sotto sfratto, famiglie che non riescono a pagare l’affitto. La legge è uguale per tutti».

Il caso dei somali di via Spaventa è una vera e propria spina nel fianco dell’amministrazione che in un certo senso ha le mani legate. «Come amministrazione comunale – prosegue Funaro – stiamo collaborando e cercando una soluzione, ma dal momento che la proprietà non richiede lo sgombero i tempi per liberare l’immobile non si possono determinare, e padre Brovedani lo sa bene, visto che ne abbiamo parlato più volte sia a voce che di persona. L’immobile non è del Comune, noi stiamo collaborando per trovare una soluzione, ma serve uno sforzo di tutti. Al momento le sistemazioni offerte sono state rifiutate». 

Intanto il Comune di Firenze con la Questura sta cercando di avere un censimento completo dei somali che alloggiano nell’edificio di via Spaventa. Secondo gli ultimi dati, se si considera che nove occupanti hanno diritto a entrare nel sistema Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, una ventina hanno diritto al titolo di viaggio per lasciare l’Italia e raggiungere la propria famiglia e qualcun altro sarà preso in carico dai servizi sociosanitari per via di problemi di salute, il numero delle persone da sistemare non supererà la trentina. 

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