Se la raccolta dei rifiuti vìola la privacy

Ginevra

Cerrina Feroni*

Partiamo dalla considerazione che la privacy non si esaurisce nella tutela dei nostri dati personali, come quelli che possono essere raccolti e gestiti attraverso i devices che utilizziamo ogni giorno. Il diritto della personalità, che è sotteso all’ampia dicitura “data protection” è, e rimane, la riservatezza della sfera privata. Pone, dunque, non poche perplessità la diffusione di pratiche a livello comunale e sovracomunale che impongono l’utilizzo di sacchetti colorati per il conferimento dei rifiuti da parte dei malati covid, da lasciarsi davanti alla porta della propria casa. Tale prescrizione – la cui ratio è quella, condivisibile e legittima, di limitare la diffusione del contagio e di tutelare la salute di tutti i soggetti coinvolti nella catena di raccolta dei rifiuti - rischia tuttavia di “dimenticare” proprio il soggetto più fragile. Che, al carico della malattia, si vede aggiungere il simbolico stigma sociale dell’“untore”.

I dati relativi alla salute godono di una protezione rafforzata (Regolamento europeo e Codice Privacy). Ma ove questa tutela sui “dati in quanto tali” non venisse declinata alla luce delle circostanze di fatto che ad essi sono inscindibilmente collegate, la stessa tutela ne risulterebbe gravemente compromessa. Ecco perché dovranno essere trovate, da parte delle istituzioni preposte, soluzioni alternative. L’utilizzo, ad esempio, di bidoni neri ove riporre sacchi di colore diverso o una programmazione della raccolta nelle ore notturne potrebbero rappresentare misure tali da offrire, quantomeno, una mitigazione del rischio di violazione della dignità-riservatezza. È preciso dovere di questa Autorità stimolare una riflessione pubblica su tali problemi e monitorare attentamente e quotidianamente che il principio di proporzionalità, ovvero il punto di equilibrio tra tutela della collettività e tutela dei singoli, sia effettivo nelle sue applicazioni pratiche e non diventi uno slogan da convegno.

L’emergenza che stiamo vivendo è, sotto questo profilo, un test continuo e difficilissimo. Ma è solo così, passo dopo passo, che si potrà affermare nel nostro Paese un’autentica cultura della privacy. Di cui abbiamo bisogno. Come dimostra la vicenda dei sacchetti colorati.

*Vicepresidente Autorità Garante della protezione dei dati personali

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