Scuola a distanza. La solitudine dei professori

Un’insegnante racconta le sue lezioni da remoto "Perdere i ragazzi sarebbe la più grande sconfitta"

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di Elettra Gullè

FIRENZE

I banchi sono malinconicamente vuoti. Uno solo è occupato. C’è la docente che, collegata tramite Google Meet, riesce a vedere la sua classe attraverso la Lim. I 22 studenti della terza del professionale a indirizzo Servizi per la sanità e assistenza sociale del Sassetti-Peruzzi sono collegati da casa. Per loro, adesso la scuola è così. C’è chi segue a cavalcioni sul letto, chi fa vedere il viso in primissimo piano, chi si è sistemato per benino alla scrivania e chi, nonostante i ripetuti inviti dell’insegnante, continua a non mostrarsi. Telecamera inesorabilmente spenta. I ragazzi si sono collegati alle 8 in punto. "Non mi aspettavo di trovarli tutti così puntuali – sorride Satiana Stammegna, docente di Psicologia e scienze umane – appena connessa sono apparsi. Qualcuno stava ancora facendo colazione". Che effetto le ha fatto entrare in un’aula vuota? "Una profonda tristezza. Vedere i banchi senza gli allievi è innaturale: non è scuola così. Scuola è trasmissione di contenuti, certo, ma soprattutto crescita. Adesso, invece, mancano l’empatia ed il contatto diretto: mi manca tanto anche quel caos che nasce dalla ‘confusione partecipativa’ dei miei ragazzi". E aggiunge: "Ho sempre amato le classi positivamente caotiche, vedere delle statuette in presenza e dei pallini a distanza non ha senso. Significa parlare da soli". Dalle loro case, i ragazzi si definiscono "sereni". "Speriamo di poter rientrare presto – dicono alcune studentesse – ci mancano i compagni".

"Macchè, qui si sta da Dio", si leva una voce fuori dal coro, da parte di un ragazzino. Stammegna cerca di mandare messaggi positivi: "Ragazzi, è come se fossimo tutti qui insieme, accendete la webcam e fatevi vedere. Non ci dobbiamo perdere". La lezione di Psicologia prende spunto da un compito fatto in classe. "Bisogna lavorare molto sulla partecipazione attiva – ci spiega la prof – non è facile accendere la scintilla della passione per gli argomenti attraverso uno schermo. A distanza aiutano molto i materiali interattivi e le piattaforme con i quiz. Là dove sbagliano, nessun votaccio, ma lo stimolo a un miglioramento".

I giovani sono operativamente più preparati, ma "adesso c’è un maggior rischio di crolli psicologici". Per questo è importante parlare. "Come vi sentite? Come state?". Il colloquio giornaliero tra docente e alunni è fondamentale. Gli studenti – al Sassetti-Peruzzi al momento entrano solo le prime e le seconde – si collegano per cinque ore, 50 minuti di lezione e 10 di stacco. Niente laboratori, purtroppo, e niente tirocini. "I ragazzi avrebbero dovuto fare un’esperienza nei nidi o nelle scuole dell’infanzia, ma è impossibile. Inventeranno delle storie che un giorno, spero, potranno raccontare ai bambini". La docente è amareggiata ma cerca di guardare avanti. "La speranza è veder ricomparire presto tutti quei volti dal vivo – conclude – l’importante è non perdere questi ragazzi: sarebbe la più grande sconfitta".

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