Scosse all’alba, il Chianti trema ancora Il geologo: "Ora è sciame sismico"

Il professor Massimo Coli: "I movimenti tellurici si susseguono più o meno con la stessa intensità. La scienza non è in grado di prevedere questi fenomeni ma possiamo ridurre i danni con la prevenzione"

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di Fabrizio Morviducci

"Le scosse di terremoto nel Chianti rientrano finora nel modello statistico di quell’area sismica che è a rischio moderato. Ma quello che accadrà in futuro non è ovviamente prevedibile". Il professor Massimo Coli, docente di geologia strutturale all’Università di Firenze, sta analizzando il succedersi delle scosse che hanno come epicentro l’area tra San Casciano e Impruneta. Un rilascio di energia che va avanti da giorni mantenendo la magnitudo più o meno sugli stessi livelli. Con la consapevolezza che la scienza non è in grado di prevedere i terremoti, la loro intensità e quanto ogni evento potrà incidere sul territorio, ma che esistono buone pratiche di prevenzione che sarebbe opportuno adottare.

Professore, possiamo dire di essere di fronte a uno sciame sismico?

"Quello che sta succedendo in questi giorni, potrebbe essere ricondotto al modello dello sciame sismico: dopo la prima scossa se ne sono registrate altre magnitudo più bassa ma tendenzialmente stabile. Segno che c’è ancora attività in corso. Diversamente sarebbe stato se, dopo la prima, quelle successive fossero andate a calare di intensità fino ad arrivare a una situazione di normalità".

Dal punto di vista del rischio, come classificherebbe il Chianti?

"L’area a cavallo tra San Casciano e Impruneta è una delle zone sismogenetiche della Toscana. Le altre sono Mugello, Garfagnana e la Valtiberina nella zona di Sansepolcro. Storicamente si sono registrati tanti terremoti con epicentro su questo territorio, ma negli ultimi mille anni non hanno superato una magnitudo di 4. Hanno comunque rilevanza perché gli effetti delle scosse si avvertono distintamente anche a Firenze. Anzi, il terremoto che ha causato più ‘risentimenti’, non li definirei proprio danni, a Firenze è quello di Impruneta del 1895. C’è da dire poi che qui il terremoto ha un tempo di ritorno molto più basso, decine d’anni, rispetto per esempio al Mugello dove siamo intorno al secolo".

Unica arma è la prevenzione.

"Certamente. Nel 1895 furono colpiti diversi edifici a Firenze e dintorni, ma per lo più per carenze costruttive rispetto alla forza dell’onda sismica. Nel tempo è cresciuta sempre di più la sicurezza non solo nelle nuove costruzioni, ma anche per l’adeguamento di quelle precedenti. Proprio ai fini della sicurezza, molto conta lo studio delle varie aree del sottosuolo. Capirne la composizione aiuta a migliorare la qualità di ciò che si realizza o si consolida. Con il Comune di Firenze abbiamo condotto studi di microzonazione sismica, che saranno presentati il 6 luglio. Purtroppo in passato non si badava molto alla qualità della costruzione e edifici realizzati in pietre tonde e malta non hanno retto a scosse anche di media intensità. Questi eventi ci devono insegnare che investire nella conoscenza sismica di sito e nella qualità delle costruzioni è l’unico modo per difendersi".

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