'Salvatore - Il Calzolaio dei Sogni', première fiorentina per il docufilm di Guadagnino

Il regista: "Lo stilista ha scelto Firenze come luogo dell’immaginario"

Salvatore Ferragamo (Archivio foto Locchi)

Salvatore Ferragamo (Archivio foto Locchi)

Firenze, 7 ottobre 2021 - «Per poter parlare di un uomo abbiamo avuto bisogno della voce di un gruppo enorme di esperti, di studiosi della moda, del cinema, del costume a cui si sono aggiunte le voci toccanti dei membri della famiglia Ferragamo». Ha sintetizzato così il complesso lavoro di ricostruzione, di ricerca dell’«autenticità» dietro il docufilm “Salvatore – Il Calzolaio dei Sogni”, il regista Luca Guadagnino, in occasione della premiere fiorentina.  Il film – presentato in concorso alla mostra del cinema di Venezia e in uscita nelle sale italiane il 12, 13 e 14 ottobre – racconta la storia umana, artistica e imprenditoriale di una delle icone della moda italiana, fondatore di uno dei marchi più conosciuti al mondo. Per la realizzazione della pellicola, che vanta la voce narrante di Michael Stuhlbarg, la collaborazione del regista Martin Scorsese e della costumista Deborah Nadoolman Landis, oltre che di numerosi studiosi, docenti, stilistici, critici della moda, il regista si è avvalso della narrazione personale e professionale fatta dallo stesso Ferragamo nella autobiografia omonima. «Pur essendo già un ammiratore del canone Ferragamo, che ha segnato la storia della creatività italiana, leggendo la biografia ho scoperto un lato umano, una personalità molto complessa», ha raccontato ancora il regista che ha confessato di sentirsi intimamente legato a questo lavoro che gli ha permesso di esplorare con autenticità una figura con la quale ha avvertito una affinità profonda, basata sulla condivisione di valori: dedizione al lavoro, determinazione, senso del lavoro e della famiglia. 

«Il film si è posto fin da subito come un progetto molto ambizioso – intersecare diversi piani, storici, di storia della moda ma anche il racconto di una storia di famiglia, di un grande amore, di una legancy, di un’eredità – necessitava di una grande ambizione». La stessa che da Bonito in provincia di Napoli ha spinto Ferragamo in America, a Hollywood, fino al ritorno in Italia e alla consacrazione del genio con la creazione del laboratorio fiorentino. Città con la quale, spiega il regista, lo stilista partenopeo non aveva alcun legame: «Ferragamo sceglie Firenze perché crede che Firenze sia un luogo dell’immaginario, su Firenze crea una proiezione di desideri, non riconduco quest’idea ad una scelta di mero marketing ma di invenzione».

E quella della maison Ferragamo è infatti anche in parte una storia fiorentina «Ferragamo ha portato un pezzo di Firenze nel mondo» ha ricordato l’assessore alla cultura Tommaso Sacchi.  «La cosa che ci convince di più è l’esser riusciti ad editare la storia con autenticità e sensibilità. Anche se questa storia si è interrotta precocemente nel 1960, grazie a mia madre che ha raccolto il testimone, è stata portata avanti con la forza dei sentimenti», ha detto Leonardo Ferragamo che ha ribadito l’importanza del ruolo della maison e dell’archivio storico (che custodisce oltre 14 mila pezzi) nel lungo percorso di ricostruzione che ha portato alla realizzazione del film.

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