"Ipotesi 4 metri per ogni cliente". L'ira dei ristoratori: "Meglio chiusi"

Distanze di sicurezza, categoria in fermento: "Con certe misure molti locali fallirebbero"

Le distanze di sicurezza da osservare nei ristoranti sono ancora un’incognita

Le distanze di sicurezza da osservare nei ristoranti sono ancora un’incognita

Firenze, 12 maggio 2020 - Si sono mobilitati lo scorso 4 maggio, insieme agli altri commercianti ancora chiusi, per chiedere la riapertura il prima possibile. Ma se sarà confermato il distanziamento di quattro metri quadri tra i clienti, in tanti non potranno riaprire, né il 18 maggio, né il 1 giugno.

Secondo Franco Marinoni, direttore di Confcommercio Toscana, "i casi sono due". "O si riaprono i locali, dando ai ristoratori la possibilità di lavorare in sicurezza, con protocolli praticabili ed economicamente sostenibili, seppur con capienze ridotte, oppure è preferibile tenere tutto chiuso". "A quel punto lo Stato – sottolinea – dovrà in qualche modo aiutare le 100mila persone in Toscana che dovranno vivere sulle sue spalle". Ma non è a questo che puntano i ristoratori.

«Vorremmo tornare a lavorare, ma non sappiamo come muoverci. Riaprire il 18 maggio – commenta lo chef dell’Ora d’aria, Marco Stabile – non ha senso. Non abbiamo ancora regole precise e invece, per riaprire, devo capire come fare almeno zero, perché non ci sarà guadagno". Invece, ancora nulla è certo. Non la data di riapertura, né, soprattutto, i protocolli da seguire. Perché prevedere un metro di distanza o 4 fa la sua differenza.

«I locali sono motivo di convivialità. Mettiamo i cartelli per informare le persone, prendiamo tutte le precauzioni, sanifichiamo, puliamo i filtri dell’aria condizionata più spesso: siamo tutti d’accordo nel dover rispettare i protocolli di sicurezza", afferma Emanuele Cipriani, titolare del ristorante Lungarno 23.

"Un conto, però, se i clienti stanno a un metro distanza, un conto a 4 e con il plexiglass. In quel caso meglio stare chiusi". Anche Lungarno 23, tramite [email protected], offrirà i suoi servizi di asporto e consegna a domicilio. Un mercato da potenziare anche nella fase postCovid19. Ma non basta. "Il nostro è un locale enorme, per lo standard di Firenze. Con l’asporto e il delivery è possibile recuperare il 10% del fatturato che si faceva prima dell’emergenza", sottolinea Maurizio Manno, del ristorante Vivo. "Se fossero confermati i 4 metri di distanza tra clienti, sarebbe una follia. Dai 170 posti a sedere si scenderebbe a 15. Non varrebbe la pena nemmeno accendere la luce".

"Sarebbe come sparare ad un uomo agonizzante. Entrerebbero 4 clienti al giorno a cui dovrei far pagare la cena 1.500 euro per rientrare nei costi di gestione", rincara la dose Filippo Saporito, lo chef del ristorante La leggenda dei frati. C’è molto pessimismo nella categoria: a fine anno, si stima, si troveranno costretti a chiudere il 20% dei ristoranti. Forse col decreto ‘rilancio’ arriveranno aiuti. "Non credo che lo Stato, in una crisi come questa – sottolinea Leonardo Francalanci, direttore della Fattoria di S. Michele a Torri – riuscirà a trovare risorse ingenti. Degli aiuti però me li aspetto, sul fronte della tassazione e del credito. Non si può pensare che si possa far fronte da soli a questa emergenza". mo.pi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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