"Rischia di più chi ha fatto contratti poco garantiti"

Le risposte del presidente di Confartamministratori, Alessandro Ferrari "Se è previsto il pagamento alla ditta entro sei mesi, non si può evitarlo"

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di Monica Pieraccini

Cosa rischiano i condomini che hanno fatto i lavori con il Superbonus 110?

"Una premessa – avverte Alessandro Ferrari, presidente di Confartamministratori, confederazione degli amministratori condominiali, patrimoniali e dei revisori contabili condominiali –. Intanto a rischiare non sono solo i condomini che hanno fatto i lavori con il 110, ma anche con il 90. Poi, rischia di più chi ha fatto con le ditte contratti poco garantiti".

Cioè?

"Se nel contratto è specificato che i condomini fanno i lavori con la cessione del credito e la ditta ha accettato questa condizione, non c’è rischio, almeno in teoria, che i lavori li paghino le famiglie. Se questa indicazione non c’è, o se l’impresa ha inserito nel contratto che comunque entro sei mesi, per fare un esempio, deve essere pagata, allora c’è il rischio che questi condomini dovranno sborsare i soldi. La preoccupazione, comunque, c’è per tutti. Perché siamo in una situazione kafkiana e non ci sono certezze per il futuro".

Qual è invece la situazione dei condomini che hanno deliberato di fare i lavori solo dopo il blocco della cessione dei crediti?

"Questi si troveranno a pagare sicuramente il termotecnico che ha fatto l’analisi dell’edificio. Sono 2-300 euro a testa, mediamente. Perché se i lavori non partono, il termotecnico comunque va pagato".

Perché, i lavori non partono? "Non ci sono più ditte edili che vogliono fare i lavori con la cessione del credito, visto che da gennaio di fatto si è bloccato tutto".

E il suolo pubblico?

"Anche questo va pagato comunque. E’ il condominio che lo paga in anticipo. E se il cantiere resta aperto più a lungo, anche se c’è questa situazione che non dipende certo dai condomini né dalle imprese, non sono previsti sconti né esoneri. I Comuni in questa situazione sono gli unici che continuano a incassare".

Le imprese edili sono già al collasso?

"Per forza. E’ da gennaio che non riscuotono un euro. Ci sono aziende che hanno fatto lavori da 200-300mila euro e non hanno incassato niente. Per non essere inadempienti rispetto al contratto, continuano a lavorare, anche se molto lentamente. Lasciano i ponteggi, i cantieri restano aperti. Nel frattempo, si stanno indebitando con le banche, prendendo ulteriori finanziamenti, a tassi però ben più alti di quelli concordati. Sopravviveranno solo le imprese più grandi, con le spalle coperte dal punto di vista finanziario. Le imprese più piccole non ce la fanno, il fallimento è vicino. Ma se salta il sistema delle imprese edili, rischia l’intero tessuto economico e non si troverà più nemmeno un muratore che verrà a fare una manutenzione ordinaria".

Si rischia anche una guerra di carte bollate?

"In teoria sì. Perché da una parte i condomini potrebbero fare causa alle imprese perché non hanno concluso i lavori, dall’altra le imprese possono rivalersi sui primi perché non hanno incassato niente. Nessuno però ha il coraggio di far partire i ricorsi. Nel circuito cittadini, imprese, banche, si cerca di non strappare con nessuno perché tutti hanno l’obiettivo di finire i lavori e recuperare i soldi. Resterebbero cantieri aperti, suoli pubblici da pagare e crediti che chissà quando e mai si potranno sbloccare".

Con la conversione in legge del nuovo decreto Aiuti cambierà qualcosa?

"Non credo. Non sono fiducioso. Da novembre ad oggi è stata una continua modifica e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Siamo tutti preoccupati, non è una situazione sana. Non è quello che aveva promesso più volte in piena pandemia il Governo".

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