Pronto soccorso in crisi, mancano i medici

La proposta di Università e Regione per la gestione dei casi più lievi. Si studia un master

Sanitari del 118 (archivio)

Sanitari del 118 (archivio)

Firenze, 18 ottobre 2018 - SIAMO all’emergenza dell’emegenza. Sono sempre meno i medici in prima linea. Mancano i dottori in pronto soccorso e nel 118. E la situazione è destinata a peggiorare. Un allarme lanciato dalla Società italiana di medicina di emergenza urgenza (Simeu) che Regione e Università hanno raccolto: si sta lavorando al progetto di realizzare un Master di specializzazione biennale per formare i lureati in medicina che sono rimasti fuori dalle scuole di specialità e da quella di formazione specifica di medicina generale.

Un’idea che per ora non mette d’accordo tutti i professionisti del settore e i sindacati. Anche se è opinione condivisa che sia necessario intervenire al più presto con qualche manovra correttiva. Infatti a risolvere il problema non è stato sufficiente l’incremento del numero di posti per assunzioni (a tempo determinato) – dove spesso i concorsi incontrano scarso interesse – e l’aumento delle borse di studio per la Scuola di specialità in Medicina d’emergenza urgenza (diretta all’Università di Firenze dal prof Riccardo Pini), anche se venisse attuato subito, gli effetti sul sistema sanitario non si potrebbero avere prima di cinque anni (la durata del corso), mentre la criticità delle piante organiche è già molto elevata. Perché il numero di neo-specializzati risulta ancora troppo basso rispetto alle necessità, soprattutto nel confronto con altre scuole specialistiche.

Le motivazioni della crisi, che riguarda anche i medici di base, sono molte. Principalmente, nell’emergenza, ciò che scoraggia è il lavoro duro che non conosce orari né festività e che grava sulle spalle dei profesionisti una grande responsabilità: salvare la vita a chi sta molto male. Una missione, sicuramente. Anche con poche prospettive di carriera. E l’impossibilità di fare ambulatorio in libera professione che aiuterebbe a rimpinguare lo stipendio.

In una situazione già fonte di notevole difficoltà e sovraccarico di lavoro per i professionisti del settore, il rischio è che in un futuro non troppo lontano si renda necessaria la riduzione dei servizi offerti ai pazienti.

Per rispondere alle criticità l’Università sta lavorando con la Regione a una proposta che guarda anche alle esperienze di altri paesi (come Australia e Regno Unito). L’idea è quella di strutturare un percorso formativo (un master di un anno) per medici da dedicare alla gestione dei codici a bassa priorità in pronto soccorso, i cosiddetti codici bianchi e azzurri che adesso corrispondono ai codici 4 e 5 del nuovo triage, fuori dalla pertinenaza del percorso See-and-Treat (di cui si fanno carico gli infermieri) e alle urgenze pre-ospedaliere.

Una soluzione che consentirebbe di concentrare gli specializzati in Medicina di emergenza urgenza sui codici a più alta criticità (i rossi, gialli e verdi oggi riconosciuti con i codici 1-2-3 del pronto soccorso e automediche del 118) e facilitando contemporaneamente il reclutamento di medici per il servizio dell’emergenza in generale. Ovviamente, questi medici dedicati all’Urgent Care, potrebbero essere formati con un percorso che consenta contemporaneamente di lavorare (magari dopo i primi 4-6 mesi di corso), con la supervisione di un tutor specialista sino alla conclusione del master, ma non potrebbero concorrere a posti dirigenziali apicali non avendo la specializzazione.

La soluzione proposta consentirebbe di impiegare gli specialisti solamente per la gestione dei casi più gravi, togliendo agli specialisti la gestione dei casi a bassa criticità (che rappresentano oltre il 30% degli accessi al pronto soccorso), rimpinguando gli organici in un tempo breve. Ma sarà la cura giusta per la crisi dell’emergenza?

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