Scampati al rogo di Sesto, rebus profughi: tensione gesuiti-istituzioni

Padre Brovedani: "Ci chiedono di censirli ma non siamo operatori sociali"

I somali manifestano in città (New Press Photo)

I somali manifestano in città (New Press Photo)

Firenze, 16 febbraio 2017 - Nessuno lo dice esplicitamente ma quella che verrà presentata ai somali sarà un’ultima offerta. Perché al tavolo della prefettura è passata la linea dura, quella della legalità. «Non possiamo più tollerare situazioni di illegalità» ripetono gli assessori al welfare Sara Funaro e alla sicurezza Federico Gianassi.

A fronte di circa 95 stranieri – scampati al rogo dell’ex Aiazzone e che ora hanno occupato lo stabile in via Spaventa – i Comuni metropolitani metteranno a disposizione per poco più di tre mesi una rete di accoglienza per una settantina di loro. Oltre ai nove richiedenti asilo che troveranno posto nel centro Sprar di Firenze, Palazzo Vecchio sta cercando di capire quanti sono i somali che hanno i titoli di viaggio per lasciare l’Italia.

Questi ultimi sarebbero una quarantina per cui si ridurrebbero a circa 60 quelli da sistemare. «Cercheremo di agevolare chi vuole andare via, poi ripartiremo le persone in base alla disponibilità degli enti locali» spiega il prefetto Alessio Giuffrida.

Solo con l’elenco completo dunque si potrà mettere a punto il progetto di accoglienza. Ma la situazione si ingarbuglia e tra istituzioni e gesuiti sono nervi incrociati. Al centro del dibattito la stesura del censimento definitivo: il Comune avrebbe chiesto a padre Ennio di fare da intermediario e preoccuparsi di verificare numeri ed eventuali documenti.

«Faremo il possibile per venire incontro alle richieste delle istituzioni – spiega padre Ennio Brovedani –, che ci chiedono di esaminare quanti somali hanno diritto al titolo di viaggio, quanti potrebbero essere inseriti nei centri Sprar e quanti hanno già un lavoro. Certamente, pur con tutta la buona volontà per arrivare a una soluzione ragionevole, è un compito per noi tutt’altro che semplice dato che non abbiamo le competenze tecniche né gli elementi e l’esperienza gestionale di situazioni di questo genere. Facciamo volentieri da intermediari tra le parti, ma un conto è fare una mediazione, un altro è diventare operatori sociali».

Il tempo corre e la trattativa di compravendita con il Politecnico di Shangai – un progetto che avrebbe portato 250 studenti - è sempre più a rischio. Senza la denuncia del proprietario dell’immobile, e quindi di padre Brovedani, non si può procedere con lo sgombero, una pista esclusa ancora una volta dal religioso anche al tavolo della prefettura. «Se le parti interessate – conclude padre Ennio – mantengono posizioni rigide e continuano a non incontrarsi, non sarà semplice arrivare a una soluzione. Faremo il possibile, sia per la dignità dei rifugiati, sia per Firenze, che merita il progetto interculturale con l’Università cinese di Shanghai, progetto che peraltro vede la regia e l’interesse del Comune di Firenze».

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