Poliziotto suicida in carcere, via all’indagine. "È morto nelle mani dello Stato"

Stamani in procura l’incarico per l’autopsia sul poliziotto. Aperto un fascicolo per omicidio colposo

I rilievi dopo gli spari alle Cascine

I rilievi dopo gli spari alle Cascine

Firenze, 12 luglio 2022 - Comincia formalmente questa mattina, nella stanza del sostituto procuratore Alessandra Falcone, l’inchiesta sulla morte in carcere dell’assistente capo della polizia di 46 anni, suicidatosi venerdì scorso nella sua cella di Sollicciano dov’era recluso dopo la sparatoria avvenuta a maggio alle Cascine, per cui era indagato.

Il pm assegnerà l’incarico per l’esame autoptico al suo consulente, il dottor Stefano Pierotti della medicina legale di Careggi. Ma la famiglia del poliziotto, parteciperà anch’essa alle operazioni con un proprio incaricato - la dottoressa Stefania Poreno - nominata dall’avvocato Piero Lorusso del foro di Roma. "Non ho avuto ancora accesso agli atti, non posso fare considerazioni in questo momento. Posso solo dire che quest’uomo era nelle mani dello Stato", dice il legale, nominato per rappresentare anche il figlio di 12 anni dell’agente, oltre che l’ex moglie.

Originario della provincia di Roma, il poliziotto era arrivato a Firenze pochi giorni prima - proveniente dalla questura di Rimini -, quando venne tratto in arresto dai carabinieri perché ritenuto responsabile di un’aggressione, con coltello e pistola, ai danni di gambiano, alle Cascine. E’ l’ambiente dei piccoli spacciatori di droga, e l’uomo, prima del tragico gesto di venerdì scorso, aveva detto agli inquirenti di essersi recato là "per chiarire" perché la sera precedente la sua compagna avrebbe avuto una disavventura con quelle persone.

Inizialmente posto agli arresti domiciliari, la misura gli era stata aggravata quando, nel corso di una successiva perquisizione, ci sarebbe stata una resistenza al controllo. Atteggiamento che aveva suggerito al giudice di infliggergli una cautela più pesante. La più pesante. Nei quaranta giorni in prigione, le condizioni già poco stabili del poliziotto - che era stato spostato a Firenze per non meglio chiarite questioni di carattere disciplinare- si sono evidentemente aggravate. Un primo tentativo di suicidio riferì di averlo messo in pratica già la sera dell’arresto, a casa. "Stanotte mi sono messo un sacchetto in testa e ho cercato di uccidermi, poi ho desistito. L’ho fatto per i sensi di colpa e per la vergogna. Mi vergogno molto di quello che è successo", le sue parole nel verbale di convalida. Poi, secondo radiocarcere, anche a Sollicciano ci avrebbe riprovato. Per questo sarebbe stato guardato a vista e vigilato, in attesa di un trasferimento in un carcere più idoneo (quello militare di Santa Maria Capua Vetere), che non ha fatto in tempo ad arrivare.

E qui, dunque, si concentrerà l’inchiesta. I quesiti, insomma, che il fascicolo, senza indagati, per omicidio colposo aperto in procura deve dipanare, non sono soltanto legati alla causa di morte - avvenuta con ogni probabilità per impiccagione, mediante le lenzuola - che verranno sottoposti questa mattina ai consulenti, ma più in generale riguarderanno anche il percorso giudiziario che ha condotto l’uomo in carcere, sull’opportunità della struttura, su eventuali altri tentativi che avrebbero potuto mettere tutti in allarme.

Invece , secondo quanto appreso sinora, il 46enne era da solo in cella quando ha messo in atto, riuscendoci, l’estremo gesto. E’ stata la polizia penitenziaria a trovarlo ormai privo di vita intorno alle 17.45 di venerdì. L’intervento dell’ambulanza a Sollicciano non è infatti servito. Fino a pochi minuti prima, il carcere aveva ospitato un convegno con le più alte sfere del Dap, della politica, e della magistratura fiorentina. La mattina del giorno precedente, il poliziotto era comparso all’incidente probatorio in cui è stata acquisita la testimonianza del gambiano che lui, con un colpo della Beretta d’ordinanza, avrebbe tentato di uccidere.

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