Più occupazione e meno ricavi: un'impresa su tre registra una flessione

Attivo il saldo fra nuove attività e cessate: +1.929, a fronte di un calo in tutti gli altri comparti. Ecco l'indagine Confcommercio

Aldo Cursano, Franco Marinoni, Anna Lapini e  Pierluigi Ascani

Aldo Cursano, Franco Marinoni, Anna Lapini e Pierluigi Ascani

Firenze, 15 luglio 2019 - Il 71% delle imprese toscane (in termini assoluti: 188mila su 263.137, ad esclusione delle imprese agricole, gli studi professionali e le società finanziarie) è attivo nel terziario, ovvero nei settori commercio, turismo e servizi, che da soli contribuiscono per il 77% alla creazione del valore aggiunto regionale ed esprimono il 61% dell’occupazione.

Si tratta per lo più (al 96%) di piccole e piccolissime imprese con un massimo di nove addetti, che si confermano così vera e propria spina dorsale dell’economia toscana. Una ‘spina dorsale’ che ora guarda al futuro con un po’ di preoccupazione: nei primi mesi del 2019 un’impresa su tre segnala una diminuzione dei ricavi. E con i ricavi cala anche il clima di fiducia, soprattutto per gli operatori del commercio al dettaglio, ormai da anni alle prese con la contrazione dei consumi interni, mentre ei colleghi del turismo restano più ottimisti.

È quanto emerge, in estrema sintesi, dall’Osservatorio congiunturale sul terziario in Toscana al primo semestre 2019, condotto da Format Research per conto di Confcommercio Toscana e presentata alla presenza della presidente Anna Lapini, del direttore Franco Marinoni, del presidente fiorentino Aldo Cursano e del presidente di Format Research Pierluigi Ascani.

Secondo l’analisi, il terziario è l’unico comparto economico che si mantiene in crescita in Toscana, attenuando le perdite degli altri: sebbene infatti il saldo generale fra imprese nuove e cessate nel 2018 sia stato negativo (-661, 23.681 nuove contro 24.342 cessate), quelle di commercio, turismo e servizi sono aumentate di ben 1.929 unità (17.326 nuove contro 15.397 cessate). Positivi anche i dati occupazionali, anche in virtù delle stabilizzazioni dei contratti già in essere: quattro imprese su cinque sostengono che nel primo semestre la situazione sia migliorata o consolidata. Si mantiene invece piuttosto freddo il rapporto con le banche: meno di un’impresa su cinque (19%) ha fatto domanda di credito, nel 48% dei casi per esigenze di liquidità e di cassa, poi anche per effettuare investimenti. Due su tre si sono viste accettare la richiesta ed è un dato positivo, che testimonia l’affidabilità degli imprenditori anche secondo i criteri sempre più rigidi applicati dagli istituti di credito. Ma le condizioni sembrano irrigidirsi rispetto al passato.

“In ogni provincia toscana è proprio dal terziario che arriva il contributo più importante alla composizione del valore aggiunto: dal 69% di Prato all’85% di Grosseto passando per l’81% di Livorno e il 79% di Firenze e Massa-Carrara”, sottolinea il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni. “Segno – riprende - che offre importanti opportunità di investimento per gli imprenditori, oltre che di autoimpiego per i giovani e quanti non riescono a collocarsi sul mercato del lavoro”.

“Il terziario è una componente viva e vitale dell’economia toscana, ma non può essere lasciata a se stessa - aggiunge Anna Lapini, presidente Confcommercio Toscana -. La situazione si va saturando, per cui vanno tenuti in grande attenzione i segnali di malessere che arrivano anche dal terziario. Se i consumi interni non ripartono, il contraccolpo sarà duro, con l’export appeso al filo delle politiche internazionali. In questo senso, l’aumento dell’Iva aggraverebbe ulteriormente le cose”. 

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