Per la Madonna di Raffaello ok dell’Opificio al ritorno a Pescia

Nell’ambito degli “Uffizi diffusi“ resterà tre mesi nel Duomo della cittadina, dove era fino al 1697

Migration

di Olga Mugnaini

E’ pronta a tornare a casa, anche se solo per tre mesi, La Madonna del Baldacchino di Raffaello, la pala d’altare datata 1506-1508, che fa parte della collezione della Galleria Palatina a Palazzo Pitti. Per “casa“ si intende la cattedrale di Pescia, dove l’enorme dipinto si trovò fino alla fine del Seicento.

La Madonna del Baldacchino è l’unica, ad oggi nota, fra le grandi pale a destinazione pubblica dipinta da Raffaello nel periodo fiorentino. Nel corso dei secoli le sue vicissitudini sono state articolate e anche turbolenti. Grazie al progetto degli “Uffizi diffusi“, non solo se ne è ricordata la storia, ma si è anche verifica l’ottimo stato di salute, tanto che i restauratori dell’Opificio delle Pietre Dure, hanno certificato che sì, la tavola può viaggiare fino a Pescia. Il “soggiorno“ è previsto dal 29 aprile al 30 luglio dell’anno prossimo. La pala sarà posizionata a fianco della copia realizzata dal pittore fiorentino Pier Dandini alla fine del ’600, quando il Gran Principe Ferdinando de’ Medici, figlio del granduca Cosimo III, decise di acquistare il dipinto di Raffaello per portarlo nella sua Reggia di Palazzo Pitti, dove è rimasta.

I pesciatini non la presero molto bene. Si racconta infatti che fu necessario portare via l’enorme tavola di notte e sostituirla in fretta con la copia del Dandini. In realtà La Madonna del Baldacchino era stata commissionata a Raffaello dalla famiglia Dei per la Chiesa di Santo Spirito a Firenze, dove però non andò mai. Venuta in possesso dell’alto prelato Baldassarre Turini, esponente della comunità pesciatina, l’opera fu portata nel Duomo della cittadina, dove restò fino al 1697.

La soprintendente dell’Opificio, Emanuela Daffra, ha spiegato che "dopo 40 anni dal precedente intervento si è potuto fare il punto sulle condizioni del dipinto e di rivedere le conoscenze alla luce delle nuove tecnologie di indagine". "Il criterio degli “Uffizi diffusi“ - ha detto il direttore Eike Schmidt – è la ricostruzione del tessuto storico e delle vicende artistiche nei centri in cui si espongono le opere".

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro