Addio a Paolo Coccheri, una vita per gli ultimi. Regalò a Firenze le Ronde della carità

Aveva 85 anni, gran parte dei quali passati in strada ad aiutare chi aveva bisogno. Fu l’esempio di La Pira a spingerlo verso gli altri

Paolo Coccheri

Paolo Coccheri

Firenze, 3 agosto 2021 - Una vita accanto agli ultimi, quella di Paolo Coccheri. E come gli ultimi se n’è andato. Da solo, senza clamore, fiaccato da brutti malanni e dall’età. Si è spento, ieri, nella casa di cura Maria Teresa, vicino a piazza della Vittoria, dove era ricoverato da un paio di settimane. 85 anni, gran parte dei quali passati in strada. Da quel giorno in cui, chi lo ha conosciuto e lo ha affiancato nelle tante iniziative, non solo a Firenze, ricorda la sua "folgorazione": La Pira, il sindaco santo, e Fioretta Mazzei. "Avevo tutto, soldi, donne, una vita serena - raccontava-. Poi nella settimana di Natale del ‘78 ho letto il libro ‘Giorgio La Pira, cose viste e ascoltate’ di Fioretta Mazzei. Prima ero indifferente a tutto, da quel momento ho cominciato a vedere. Ho voluto conoscerla. Lei mi ha portato alla messa degli emarginati la domenica mattina a San Procolo".

Le "ronde della carità", che esporterà in tutta Italia e perfino all’estero, nacquerò lì, almeno dentro di lui. Passarono per un thermos pieno di caffé e latte, perfetto per scaldare anime rannicchiate al binario 1 della stazione di Santa Maria Novella, dalle azioni dei ’buoni samaritani’. Fino a quel giorno in cui caricarono cibo e coperte in macchina, destinate ancora ai senza tetto. Un fiume di idee, Coccheri, sempre nella stessa direzione: aiutare il prossimo, far emergere gli invisibili, migliorare la città. Gli "Angeli della città", o il "Cocipa", il comitato che aveva il compito di denunciare ilegalità e degrado che si riuniva, fino a qualche anno fa, alla biblioteca del cimitero degli Inglesi, sono alcune delle sue idee per gli altri. Non le ultime, perché ne aveva sempre di nuove: i "cacciatori di briciole", che raccoglievano i cibi avanzati che altrimenti andrebbero buttati, o gli "angeli costruttori", artigiani volontari pronti a far lavoretti nelle case di chi non può permettersi una telefonata all’idraulico o al muratore.

Nella sua vita precedente, Coccheri era stato un insegnante di ginnastica. Aveva anche una scuola di recitazione in via Maggio e una carriera di regista avviata. Tutto così pieno, che cominciò insistentemente a guardare ai margini. Dal suo punto di osservazione in San Frediano, il rione in cui viveva, il rione che, con l’albergo popolare il diurno dei senzatetto, più rispecchiava la sua vocazione. Oggi, le sue creature sono tutte in attività, ovunque, pronte anche a cambiare pelle per assecondare il disagio che si plasma sulle storture della società: chi perde il lavoro, chi non ce la fa a pagare l’affitto: per loro c’è un pacco alimentare, una mano, calore. Proprio come voleva Coccheri. "La mia vita è una fiaba. Quando me ne andrò, saprò di aver lasciato qualcosa di vivo, di reale, di grande e questo mi rende fiero di aver vissuto così". Oggi, le parole dette in una delle tante interviste, valgono più di un testamento.

ste.bro.  

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro