Ospedale Torregalli, terra di nessuno. Tour notturno in stanze e corridoi senza controlli

Dopo i furti di notte siamo andati a verificare: ecco cosa abbiamo trovato

La nostra cronista all’ospedale San Giovanni di Dio, poco dopo le 21: nessun controllo

La nostra cronista all’ospedale San Giovanni di Dio, poco dopo le 21: nessun controllo

Firenze, 29 marzo 2016 - Ore 21, martedì 22 marzo, il buio avvolge l’ospedale San Giovanni di Dio, più conosciuto come Torregalli. Col passare delle ore il nosocomio diventa sempre più vulnerabile, alla mercé di balordi e senzatetto che hanno libero accesso alla struttura. Appena due settimane fa gli spogliatoi femminili del pronto soccorso furono visitati da malviventi che misero in atto un vero e proprio raid vandalico: gli armadietti furono scassinati, fu frugato negli oggetti personali dei dipendenti e gettato a terra con disprezzo tutto ciò che non interessava. La ricerca era mirata forse a qualche spicciolo. Il personale che lavora a Torregalli non ce la fa più. Per le donne è una situazione inaccettabile. Hanno paura.

Il solo pensiero di scendere negli spogliatoi, che sono nel sottosuolo, per loro coincide con una sorta di discesa negli inferi. «Anche solo per prendere un carica batterie – racconta una di loro – mi faccio accompagnare da un collega. Da sola non scendo, una volta trovai persino una zingara a farsi una doccia. Il terrore più grande è quando chiamano per la reperibilità notturna, non sai davvero chi ci puoi trovare». Martedì siamo andati di persona per una ‘passeggiata’ all’interno della struttura alle porte di Scandicci. Entriamo alle 21 circa dall’ingresso principale: il deserto. Non si trova anima viva, solo qualche senza tetto a dormire nella sala d’attesa al piano terra della zona nuova dove ci sono gli ambulatori per vaccinarsi contro il Meningococco C. Giriamo senza ostacoli in tutti i reparti. Il silenzio è inquietante. L’unica presenza è la voce metallica dell’ascensore che indica i piani. Ci troviamo casualmente al -1: l’odore che proviene dal sottoscala è insopportabile, toglie il fiato. Proviamo ad avvicinarci ancora un po’: si scorge un lenzuolo bianco e si sente un colpo di tosse come per avvertirci che c’è una presenza. E’ un clochard.

Continuiamo a muoverci. Portare via un monitor, una stampante sarebbe un gioco da ragazzi. Le strutture dell’accettazione sono accessibili: sui tavoli ricette, avanzi di merenda, post-it. Testimonianze di vita pulsante fino a poche ore prima. Se qualcuno, per dispetto volesse buttar via fogli, appunti, ricette, lo potrebbe fare in tutta tranquillità. Verso le 23 ci spostiamo nel sottosuolo, negli spogliatoi. Muoversi nella pancia dell’ospedale è inquietante. Non s’incontra un’anima, nel tempo che passiamo lì, una ventina di minuti, non entra un’anima, regna solo solo il silenzio. Si capisce bene come quella zona sia terreno fertile per vandali e ladri. Alle 23 entra al lavoro un vigilante che deve sorvegliare tutta la struttura fino alle 5 del mattino. Ma Torregalli è grande, troppo grande per una sola persona. Una volta entrata una talpa trovarla e toglierla diventa impossibile. Ultima tappa il pronto soccorso, qui accanto al dolore di chi attende notizie di un familiare si mescola il bivacco dei senza tetto che si accasciano nella loro indifferenza in sala d’aspetto. La sensazione di igiene che non c’è è troppa. Gli odori sono insopportabili. Intorno alla mezzanotte i ‘clienti’ del pronto soccorso in cerca di un tetto per dormire aumentano. E il pronto acquista sempre più le sembianze di una casbah.

Serena Valecchi

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