Oncologia, la sfida di Giaccone: "A Careggi un centro di eccellenza internazionale"

"Ho scelto la Toscana perché c'è un sistema pubblico che funziona"

Il professor Giuseppe Giaccone

Il professor Giuseppe Giaccone

Firenze, 11 gennaio 2019 - Cervello di ritorno. Da una settimana Giuseppe Giaccone è a Careggi per l’ambizioso progetto di creazione di un centro oncologico che possa diventare un polo d’attrazione a livello internazionale. Una carriera a cinque stelle, quella del professore, arrivato con la formula della chiamata diretta dell’Università di Firenze, nata in Italia e cresciuta prima negli States, poi in Olanda e di nuovo negli Usa.

Professore, perché ha deciso di tornare in Italia?

"In trent’anni di lavoro all’estero è capitato spesso che università e ospedali italiani mi chiamassero, un paio di anni fa mi è arrivata la proposta di Careggi e ho trovato professionalmente molto interessante la sfida, fra l’altro in una città affascinante, ricca di storia e d’arte. Per questo sono qui".

Qual è la sua sfida?

"Creare un centro oncologico d’eccellenza che resti anche dopo di me. Formare l’embrione per qualcosa di veramente importante in collaborazione con Ispro, l’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica che ha assorbito le funzioni dell’Istituto toscano tumori. Vorrei che il Centro un giorno potesse competere con lo Ieo fondato da Veronesi e fosse di richiamo per pazienti di tutta Europa. C’è molto fare".

Perché se n’è andato dall’Italia?

"Ero stato due anni negli Usa prima di ottenere il posto fisso all’ospedale di Torino, dove sono rimasto solo 4 mesi. Me ne sono andato ad Amsterdam quando alla mia richiesta di aprire un laboratorio, la risposta è stata talmente inadeguata da farmi sorridere, però non mi chieda qual è. Credevo che sarei rimasto poco tempo in Olanda, invece ci sono restato 16 anni, sino a quando mi è arrivata la chiamata del National Cancer Institute, l’agenzia governativa per la ricerca contro il cancro negli Stati Uniti, alla quale non ho potuto dire no".

Fare ricerca in Italia sarebbe stato difficile?

"Se le cose fossero andate come alla mia richiesta di un laboratorio a Torino, direi quasi imbarazzante. In Italia è difficile fare ricerca perché ci sono meno fondi dedicati e c’è meno organizzazione, però ci sono ospedali per la cura molto validi e io credo che la sanità pubblica sia un valore aggiunto".

Negli Usa da questo punto di vista le cose non vanno benissimo.

"In Olanda c’è un sistema sanitario molto simile a quello italiano. In America invece è tutto privato: chi non ha un’assicurazione rischia di finire sul lastrico per curarsi o di non potersi curare affatto. Con Obama era stato fatto un tentativo di cambiare le cose, ma ora c’è il rischio che salti tutto. Per me è stata una sofferenza assistere a queste discriminazioni".

Quindi ha deciso di rientrare e ha scelto la Toscana...

"Perché è una delle poche regioni in Italia dove esiste una sanità pubblica di livello e che funziona veramente. C’è una buona offerta sanitaria anche in Lombardia, ma è quasi tutta fatta dai privati, anche se molti centri sono convenzionati".

Sa che la sua sfida sarà anche riuscire a resistere a Careggi dove molti professionisti arrivati da fuori se ne sono dovuti andare da corpi estranei dopo crisi di rigetto?

"Sì lo so. Immagino che potrò incontrare resistenze. Non mi farò scoraggiare dalle difficoltà e non mollerò, almeno sino a quando non mi arriveranno esplicite minacce di morte (sorride, ndr)".

Poi lei vuole unire clinica e ricerca, cioè mettere insieme ospedalieri e universitari, un’altra scommessa da un miliardo di dollari...

"La guerra fra clinica e ricerca non c’è solo qui. E’ giusto che ognuno si dedichi alle attività per le quali ha più attitudine, ma è necessario collaborare perché i risultati migliori si ottengono solo così".

Le avranno detto che qui i professionisti che lavorano nel servizio pubblico possono optare per la libera professione intramoenia e che c’è un dibattito aperto...

"In assoluto io sarei contrario alla libera professione, che non ho mai fatto. La soluzione per evitare che i medici facciano attività privata è pagarli di più. In Italia guadagnano meno rispetto a tutt’Europa, ma gli stipendi in generale in Italia sono bassi e andrebbero adeguati alla media europea".

Quando è arrivato a Firenze cosa ha detto a sé stesso?

"Avrò fatto la scelta giusta? Non è mica facile".

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