Sfiducia oncologia, 4mila pazienti vanno a farsi curare in altre regioni

Ricoveri in calo, esodo verso Emilia Romagna e Lombardia. E c’è chi comincia a preferire il privato al pubblico

Il bambino è stato sottoposto all’autopsia all’ospedale Santa Maria Nuova di Reggio

Il bambino è stato sottoposto all’autopsia all’ospedale Santa Maria Nuova di Reggio

Firenze, 27 settembre 2018 - In una regione che resta attrattiva, in sanità, principalmente per chi arriva dal Sud, ci sono punti deboli su cui le singole aziende, sanitarie e ospedaliere, insieme all’assessorato alla Salute, stanno lavorando per migliorarne l’organizzazione e i risultati.

E’ il caso dell’oncologia: ci sono circa 4.000 pazienti toscani ammalati di tumore che ogni anno emigrano per farsi curare principalmente nelle regioni del Nord: in testa la Lombardia, seguita dall’Emilia Romagna e, in percentuali più ridotte, Veneto, Lazio, Liguria. Vero che da noi arrivano 9.000 persone dalle regioni meridionali, ma riconquistare la fiducia dei toscani nel sistema sanitario pubblico è una sfida che la Regione intende vincere. Anche perché, diversamente, sarà sempre costretta a rimborsare le altre regioni per i trattamenti offerti dalle varie strutture ai pazienti toscani.

Ai dati della mobilità, dei pazienti in fuga dalla nostra regione, c’è da aggiungere un calo, considerato fisiologico, in base al trend nazionale, che ha fatto diminuire il numero dei ricoveri annuali dai circa 59mila del 2011 ai 55mila del 2017: 4.000 pazienti che il sistema sanitario in parte ha perso in favore dell’ospedalità privata, ma che trova una spiegazione anche nella nuova organizzazione del sistema, in cui gran parte dell’oncologia medica non prevede più il ricovero per i trattamenti eseguiti in regime ambulatoriale o di day hospital (è il caso di vari tipi di chemioterapia e radioterapia).

Per spiegare il fenomeno delle fughe, che in oncologia è più marcato rispetto a tutte le altre discipline mediche e chirurgiche, bisogna risalire all’organizzazione del servizio, della rete. I numeri raccontano, infatti, di aree della Toscana che viaggiano a velocità diverse, dove i dati delle migrazioni riflettono la presenza di reti più o meno organizzate oltreché di professionisti di richiamo.

La maggioranza di toscani che va a curarsi altrove per patologie oncologiche vive nell’area dell’Asl Toscana sud est (tra le province di Siena, Arezzo e Grosseto) dove circa 11 pazienti se ne vanno a fronte di 89 che decidono di restare; una forbice che si riduce di quattro punti percentuali nell’area Toscana nord ovest (della costa con Lucca), pur contando quasi il doppio dei pazienti ricoverati ogni anno rispetto alla sud est; ancora un margine di riduzione per i pazienti dell’area compresa tra Firenze, Prato e Pistoia: qui in mille lo scorso anno sono emigrati per ragioni di cura (nel 70% chirurgica).

Ovviamente, sotto esame, ci sono i ricoveri effettivi: ovvero i pazienti presi in carico per interventi e trattamenti. Perché è molto maggiore il numero di pazienti che si rivolge a strutture attrattive di altre regioni per una second opinion che serva anche per indirizzare la cura.

Ormai la medicina è superspecialistica. Se è vero che ci sono branche della medicina e della chirurgia per cui la Toscana risulta più attrattiva rispetto all’oncologia, anche per il trattamento dei tumori ci sono specialità che tirano di più: le fughe sono più ampie della media ma circoscritte ad alcuni segmenti specifici. Tipo per il tumore al seno, per i tumori del rene, della vescica, della prostata, delle ossa il numero di fughe è estremamente limitato e, anzi, sono proprio quelle specialità fiore all’occhiello che rendono più attrattiva la Toscana per i pazienti che arrivano da fuori. Altro discorso per l’oncologia medica, per i tumori del polmone e del fegato. Ma la campagna acquisti di specialisti doc e la riorganizzazione della rete mira a rafforzare i punti deboli.

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro