Omicidio volontario: condannato "Un passo verso la giustizia"

Alle 17.30, la sentenza che attribuisce al ceceno Rassoul Bissoultanov la responsabilità più pesante. La reazione composta della famiglia: "Adesso il massimo della pena". Ma non tornerà in carcere

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di Stefano Brogioni

Inviato a Girona

E’ passata la notte, ed è passato anche il giorno più lungo. Mentre Girona si riempie per il fine settimana e un congresso di medici, il tribunale si svuota. E restano solo loro, Sara, Cinzia e Luigi Ciatti. E’ l’attesa della giustizia per Niccolò, un verdetto che slitta di ora in ora, fino alle cinque e mezzo del pomeriggio. La decisione del tribunal del jurado, è quella che volevano, ma per metà. Omicidio volontario per Rassoul Bissoultanov, 29 anni, il ceceno che ha sferrato quel calcio assassino, la notte tra l’11 e il 12 agosto 2017 a Lloret de Mar al 22enne già al tappeto e indifeso. Assolto l’altro ceceno, il 31enne Movsar Magomadov. Ma anche se, tirando le somme, è un gran risultato, Luigi, Cinzia e Sara restano composti anche quando hanno capito il senso del dispositivo.

"Né soddisfazione, né gioia" provano i Ciatti. Niente esultanze, nessuna manifestazione plateale, anche se potevano starci, dopo cinque giorni di alta tensione. Una lezione di signorilità ai ceceni e alle loro famiglie, che in cinque giorni non hanno mai recapitato un segnale di compartecipazione al dolore altrui, vero e di circostanza.

Che poi, il verdetto letto ieri dalla portavoce dei nove giurati (sette voti per la colpevolezza contro due), non è altro che "un passo" nella direzione di una sentenza definitiva, riassume ancora Luigi auspicando il massimo della pena, già proiettato ai prossimi appuntamenti: la settimana prossima, saranno di nuovo in tribunale, ma a Roma, per il processo italiano, che comincerà l’8.

Il venerdì è cominciato prestissimo: alle dieci, Luigi è già dinanzi al tribunale. la figlia Sara e Cinzia, con suo fratello Marco e la moglie Rosy, arrivano poco dopo. Si cercano segnali dai giurati. Trapela che manca ancora molto. L’ora di pranzo i Ciatti la passano in un bar, ma senza mangiare. C’è anche il console italiano di Barcellona con loro. Alle 16.30 suona il telefono: è il tribunale. Convocazione alle 17. Si tarda ancora, però: mancano gli imputati. Arriva prima Magomadov, con la mamma e il babbo. Bissoultanov scende di corsa da un’auto nera, i mossos d’esquadra lo scortano sù con madre e fratellino.

Ci siamo. L’aula è silenziosa, l’atmosfera è elettrica. Al termine della lettura del veredicto, i giudici popolari lasciano l’aula: il loro lavoro, iniziato lunedì mattina, si è concluso. Non è finito invece quello del giudice, Adolfo Garcia Morales, che dovrà tradurre in anni di pena la condanna sentenziata dai giurati per Bissoultanov. La decisione sta dentro il minimo di 15, supplicato dal difensore di Bissoultanov, Carlos Monguilod (che sosteneva la tesi del colposo e ha già annunciato ricorso), e il massimo di 25, chiesto da Francesc Co, legale della famiglia di Scandicci. Il ministerio fiscal, Victor Pillado, vorrebbe 24 anni, più ulteriori nove di libertà vigilata. La decisione entro la fine del mese. Forse prima.

Di sicuro, non ci sarà una nuova misura cautelare, perché Bissoultanov, ha argomentato il pm in aula, ha già esaurito i quattro anni di carcerazione preventiva. Ma Luigi Ciatti, della fuga ha paura eccome.

Un passo indietro. Del resto, in prigione, ma in Italia, il ceceno era finito proprio per aver lasciato la “sua“ Francia, dove si era recato dopo aver ottenuto dal giudice spagnolo il permesso di andare a trovare i parenti, rifugiati politici, a Strasburgo.

Perché a causa delle lentezze della Spagna, anche l’Italia ha aperto un’inchiesta e chiesto il suo arresto, tramite un mandato internazionale, del ceceno. Una misura che era stata sempre negata dalla Spagna ma che è stata eseguita dalla polizia tedesca, quando Bissoultanov, durante questo permesso autorizzato, sconfina in Germania. Il passaggio successivo è l’estradizione in Italia.

Sembra che sia la mossa decisiva per la celebrazione del processo nel nostro paese. Ma anche qui, un nuovo colpo di scena: alla vigilia dell’inizio del dibattimento italiano, la corte d’assise di Roma accoglie un’istanza dei suoi difensori e lo scarcera. Recentemente, la Cassazione ha sancito l’illegittimità di quel provvedimento, ma Bissoultanov era subito corso a Girona. Forse, la Spagna è il paese per lui più conveniente, in questo momento almeno. Perché comunque, i 24 anni che rischia lì, non sono l’ergastolo.

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