Ashley, ferita insanabile. Un anno fa l’omicidio di via Santa Monaca

Dall’uccisione al processo, oltre la cronaca: "Con lei è morto tutto l’Oltrarno"

Ashley Olsen in uno scatto da Instagram

Ashley Olsen in uno scatto da Instagram

Firenze, 8 gennaio 2017 - CI SONO delitti che più di altri accendono l’immaginario collettivo. Che vanno oltre la fredda cronaca nera e giudiziaria; delitti che scatenano la polemica perché sullo sfondo si agitano gli spettri del giudizio morale e del politicamente corretto, dei valori e dei dis-valori. La terribile fine, un anno fa, di Ashley Olsen, 34 anni, classica bella americanina di Summer Haven (Paradiso estivo), Florida, da dieci anni a Firenze dopo la fine di un matrimonio, è stato, è, uno di questi.

«Quello su Ashley è un gioco al massacro sessista. Se ne parla come di una dissoluta che se l’è andata a cercare» commentò qualcuno. Colpa dei media, al solito: nel tentativo di ricostruire – anche attingendo agli atti d’indagine... – il contesto del delitto, il profilo della vittima e le modalità dell’omicidio, avrebbero esplicitato giudizi ‘pseudomorali’ irriguardosi nei confronti dell’americana, in sostanza ‘accusata’ di aver rimorchiato un giovane di colore a tardissima ora, di aver bevuto, consumato droga e di aver fatto sesso con lui, che l’avrebbe poi colpita alla testa e strangolata. Ashley viveva la propria vita come meglio credeva. Che poi anche questo, più o meno incidentalmente, le sia costata la vita, è un dato di fatto. Emerse in sintesi che: Ashley, figlia del professor Walter Olsen, docente al Florence institute of design, viveva appieno, e con velleità artistiche, la realtà bohemien di Santo Spirito, il quartiere dove viveva, che amava, e dove venne assassinata, nel suo piccolo appartamento in affitto, in via Santa Monaca. Ragazza solare, cuore dolce e gentile, anima delicata, così la descrissero amiche e conoscenti, era fidanzata con un promettente pittore, Federico Fiorentini, 43 anni. Rapporto intenso il loro. Non sempre idilliaco. La polizia ha sempre ritenuto granitico il suo alibi. Il 15 gennaio 2016 i funerali di Ashley nella basilica di S.Spirito. Dall’omelia del vescono Giovanni Scanavino: «Con lei muore tutto l’Oltrarno, muore un contesto sociale che non è riuscito ad aiutarla... Non le è bastata l’arte, non le è bastato il suo sorriso a salvarla da un micidiale groviglio di alcol e droga...».

L’ultima volta che fu vista in vita, Ashley era al ‘Montecarla’ di via de’ Bardi, frequentato da chi può vivere il ritmo della notte finché arriva il giorno. Discusse con un’amica per la decisione di incontrare ‘quello lì’: Cheik Diaw, 27 anni, bel giovane arrivato dal Senegal da pochissimi mesi, Pr sospettato di spaccio, subito inserito nel giro dei locali fiorentini, grazie a un fratello ed alcuni connazionali. I FILMATI delle telecamere tra via de’ Bardi e via Santa Monaca riprendono Cheik e Ashley, insieme. Si vedono i due arrivare a casa. Cosa è accaduto là dentro, è stato dibattuto al processo. Con inevitabili ammissioni dell’imputato, ‘ma non l’ho uccisa io...’ . Poco prima di Natale Cheik è stato condannato a 30 anni. Improbabili i tentativi di ribaltamento delle responsabilità: i difensori hanno tentato di insinuare nei giudici il ragionevole dubbio, spes ultima dea contro una condanna pesante: Far sospettare che in quella casa, dopo Cheik, fosse passato qualcun altro, molto vicino ad Ashley, che l’avrebbe finita. Da thriller. All’americana, per l’appunto.

giovanni spano

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