Non è un lavoro per giovani Imprese di restauro in allarme Gli under 40 sono due su dieci

Il quadro emerge da una ricerca di Cna: in Toscana ci sono 448 le ditte, ma solo due istituzioni possono rilasciare la qualifica. "Il lavoro non mancherebbe se ci fosse un’attenzione diversa"

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di Rossella Conte

Sono 448 le imprese attive nel settore del restauro in Toscana (di cui il 42 per cento a Firenze), il 12,6% di quelle esistenti in Italia, facendo della regione la terza nel Paese per numerosità dopo Lombardia (662) e Lazio (500). Si tratta di un comparto che però sta invecchiando e il cui futuro è appeso a un filo: gli under 40 sono infatti solo il 19 per cento del totale in Toscana e il 17 per cento a Firenze: "Un dato in linea con la tendenza demografica del nostro Paese. Ma che risente anche dell’insufficienza sul territorio di istituzioni abilitate a rilasciare la qualifica di restauratore – spiega Lorenzo Cei, coordinatore di Cna Artigianato Artistico Firenze –. Certo, in Toscana ne sono presenti 2 delle 28 esistenti in tutta Italia, ma in Lombardia sono 6 e nel Lazio 5. Considerato che è proprio la nostra regione ad ospitare la quota maggiore di musei, gallerie d’arte, aree o parchi archeologici e complessi monumentali d’Italia (l’11% dei 4.976 istituti totali, di contro all’8% della Lombardia e al 7% del Lazio) i conti non tornano".

Se il comparto è in Italia a preminente vocazione femminile (il 58,4% degli incarichi imprenditoriali sono femminili), nel territorio i valori s’invertono: in Toscana le restauratrici sono il 41,2 per cento e a Firenze il 48 per cento. Di storie ce ne sono tante. "Il mio lavoro è una passione, da quando ero piccolo è sempre stato il mio sogno prendermi cura di oggetti antichi, passati di mano in mano, dare nuova luce a opere sia antiche ma anche moderne e contemporanee", sottolinea Joyce Terreni, restauratrice trentottenne che ha aperto una ditta tutta sua nel 2016. "Ho frequentato il liceo artistico e ho potuto coltivare la mia passione – prosegue -, è importante investire in formazione e studiare un piano di aiuti per i giovani: non è semplice all’inizio avviare un’attività".

Valeria Cocchetti conosce bene il comparto: la sua carriera è cominciata nel 1986. Per lei il problema è uno: "Manca una visione complessiva. Non si può pensare di restaurare solo le opere che andranno in mostra perché il nostro territorio è pieno di capolavori che avrebbero bisogno di manutenzione, nei musei minori, nelle chiese, in strada. Il lavoro non mancherebbe se ci fosse un’attenzione diversa al nostro settore".

Se dal 2008 il tessuto artigiano ha perso pezzi, in linea con gli andamenti economici e le fasi recessive attraversate dal Paese, il mondo del restauro, dopo una fase di crescita tra il 2000 e il 2010, ha sì subito una battuta di arresto fino al 2016, ma poi ha tenuto. Il numero delle aziende è infatti rimasto praticamente inalterato dal 2017 fino al 2021.

"Un settore che nonostante tutto si è rimboccato le maniche e ha resistito. La domanda nel restauro è correlata alle attività culturali che negli ultimi anni sono state penalizzate sia dall’insufficienza delle risorse destinate alla conservazione del patrimonio artistico e culturale e sia dalla mancanza flussi turistici per le misure di lockdown", dice Simone Beneforti, presidente dei restauratori di Cna Firenze. Che conclude: "Le risorse a disposizione, tra l’altro, sono modeste se si fa il confronto con altri stati. In Italia, la spesa pubblica per i servizi culturali ha superato di poco i cinque miliardi di euro nel 2019. Francia e Germania hanno speso molto di più (16,8 e 13,9 miliardi, rispettivamente) come del resto la Spagna con i suoi 5,5 miliardi".

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