Noi comunisti e quelle svolte davanti al mare

Lorenzo

Becattini

Anche i mari hanno avuto una loro importanza nella vita del Partito Comunista Italiano. La nascita, infatti, avvenne proprio cento anni fa a Livorno davanti al mar Tirreno in una giornata di pioggia; il sipario calò settanta anni dopo nel febbraio del 1991 a Rimini davanti al mar Adriatico, quindici mesi dopo la Bolognina di Occhetto.

Non mi sono mai vergognato di essere stato iscritto al Pci. In quella comunità ho imparato a fare politica con la P maiuscola, a rispettare le istituzioni che sono un bene comune, a fare l’amministratore partendo da sindaco di Reggello per arrivare al Parlamento. Si entrava nelle sezioni (allora si chiamavano così) con rispetto, come un giovane entrava in una bottega di un artigiano per imparare il mestiere. Tanta gavetta prima di parlare, al contrario di oggi che si sparano sentenze su tutto senza aver approfondito niente. In politica una delle qualità migliori è saper ascoltare chi hai davanti.

Era tutto bello? Certo che no. Io, ad esempio, non amavo il legame con l’Unione Sovietica e desideravo una posizione più autonoma in politica estera. Berlinguer, la cui statura morale era indiscussa, cominciò un lungo cammino fin dal 1975 per accreditare un’autonomia dei comunisti italiani. A pensarci oggi forse questo processo avrebbe potuto essere più veloce, ma con i se e i ma non si fa la storia. La sinistra italiana purtroppo in tema di scissioni non si è fatta mancare niente, ne ha prodotte tante e di tutti i tipi. In un moderno partito riformista, invece, dovrebbero saper convivere idealità differenti, senza produrre quelle fratture che hanno sempre indebolito gli interessi che la sinistra si propone di rappresentare.

E oggi? La magia degli acronimi sta per produrre un nuovo Pci, si tratta del Partito Costruttori Italiani. Non aggiungo altro…

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