Niccolò Ciatti, via al processo. Il padre: "Odio chi lo ha ucciso"

In viaggio con la famiglia di Niccolò, ucciso in discoteca nell'agosto di due anni fa: a Blanes la pre-udienza per decidere sui rinvii a giudizio

Niccolò Ciatti

Niccolò Ciatti

Blanes (Spagna), 17 luglio 2019 - Chi atterra a Girona di solito ha due mete: raggiungere Barcellona attraverso una rotta a buon mercato, o salire su un pullman, un taxi o una macchina a noleggio e percorrere quella mezz’ora sufficiente a raggiungere il mare della Costa Brava.

Sara, Cinzia e Luigi Ciatti nessuna delle due: la loro destinazione è un tribunale. A Blanes, di cui Lloret de Mar è frazione, comincia il processo per l’omicidio del loro Niccolò, il 22enne fiorentino massacrato a calci in discoteca nell’agosto di due anni fa. Sotto accusa, tre ceceni, suoi coetanei. Uno solo in carcere, e due che ‘rischiano’ di essere archiviati. Oggi, comincia la ‘pre-udienza’, l’equivalente della nostra preliminare: il giudice deciderà i rinvii a giudizio.

Signor Luigi, con quale spirito lei, sua moglie e sua figlia siete saliti sull’aereo?

"Con tanta amarezza, tristezza per quello che si va ad affrontare. Ci immaginiamo Niccolò, che due estati fa fece questo viaggio: l’aereo da Pisa, l’arrivo a Girona, pullman fino a Lloret de Mar".

Di suo figlio vediamo tante foto. A Firenze, praticamente ovunque. I social ce lo raccontano nei momenti spensierati o al lavoro, al suo banco al mercato di San Lorenzo. Ci descrive il Niccolò che non abbiamo visto?

"Un ragazzo semplice – risponde la mamma Cinzia – che si dava tanto da fare. Per cercare di sistemarsi, stava risparmiando. Il suo era un lavoro molto duro, si alzava presto la mattina, era stanchissimo ma tornava, faceva la doccia, andava in palestra, sfruttava il tempo anche a costo di dormire due ore. Il sabato mattina – dice il padre – quando andavo ad aiutarlo al mercato, mi diceva: prendi la tramvia che poi guidi te. Appena entrava in macchina, si addormentava. Ma nonostante questo, non rinunciava mai agli amici. Per lui gli amici erano tanto. Qualcuno lo chiamava ‘fratellino’".

All’udienza avrà forse di fronte due dei tre ceceni. Il terzo, quello del calcio, carcerato, probabilmente lo vedrà attraverso uno schermo. Cosa prova?

"Credo che la parola più giusta sia odio, perché tre ragazzi della stessa età di Niccolò sono arrivati a uccidere un loro coetaneo per niente. Viene tanta rabbia e tanta voglia di fare soli. Il perdono? Una parola che abbiamo eliminato. Non ci è mai arrivato un cenno di scuse, per noi quel video dice tutto. Dice che fossero state persone normali si sarebbero fermate, avrebbero avuto pietà o rispetto. Invece ho visto solo odio e voglia di uccidere. Non sono persone recuperabili. Mi chiedo se all’udienza saranno capaci di piangere".

La tragedia della vostra famiglia ha commosso l’Italia intera. Se lo spiega perché?

"Penso che quelle immagini abbiano colpito al cuore, è stata un’esecuzione vera e propria e pensare di perdere la vita in una discoteca è assurdo. Continuo ad avere vicinanza da persone che non conoscevamo, qualcuno si allontana, ma è normale. Ieri ho ricevuto la telefonata del ministro Bonafede che come avvocato sa benissimo che i poteri della politica sono diversi e non ci possono essere interferenze, ma ha fatto presente alla collega spagnola che l’Italia ci tiene a questo caso e verrà seguito. Ci siamo riservati di risentirci, mi ha dato il suo numero privato e non è da tutti".

Cosa avrebbe voglia di dire a Niccolò?

"Quello che ho sempre detto: dacci la forza di affrontare tutto questo".

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