Negozi chiusi, chi soffre di più Crollo di alimentari e cartolibrerie

In picchiata i casalinghi, cresce l’informatica, bene il settore ospitalità. I dati dell’Osservatorio Confcommercio

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di Lisa Ciardi

Meno alimentari, distributori di benzina, negozi di articoli culturali. E, in parallelo, sempre più bar, ristoranti e hotel, abbinati anche a negozi di informatica. È il focus fiorentino dei dati del VII Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane, dai centri storici alle periferie, realizzato a livello nazionale da Confcommercio con il contributo del Centro studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne.

In base ai dati della ricerca, dal 2012 al 2021, i dieci capoluoghi di provincia toscani hanno perso nel complesso 2.079 negozi, 236 dei quali scomparsi nel periodo pandemico, ovvero tra il 2019 e giugno 2021. A Firenze, in particolare, si è passati da 5.009 imprese del commercio al dettaglio del 2012 a 4.438 di giugno 2021, con una perdita di 571 unità, a fronte del passaggio da 2.717 fra alberghi, bar e ristoranti a quota 3.373, con un aumento di 656 attività (298 hotel e 358 fra bar e ristoranti in più). Alla fine dunque, i dieci anni si sono chiusi con un saldo positivo di 85 attività, ma anche con una trasformazione radicale del tessuto cittadino. Entrando nel dettaglio delle varie categorie, fra il 2012 e il giugno 2021, hanno sofferto molto gli esercizi non specializzati (passati da 213 a 194), gli alimentari (da 612 a 544), i distributori di benzina (da 111 a 47), i casalinghi (da 457 a 345), le botteghe di articoli culturali (da 465 a 332).

Segno più invece per i tabaccai (saliti da 198 a 215), i negozi di informatica (da 75 a 99), ma soprattutto l’intero settore dell’accoglienza, con gli alberghi lievitati da 673 a 970 e i ristoranti da 2044 a 2402. Analizzando poi le zone, lo studio di Confcommercio fotografa, nel centro storico di oggi, la presenza di 1.576 negozi, 577 alberghi e 970 fra bar e ristoranti. A questi si aggiungo a 2.862 negozi, 393 alberghi e 1.432 bar e ristoranti nelle aree più periferiche del territorio comunale.

"La città è stata purtroppo completamente stravolta – spiega Aldo Cursano, presidente di Confcommercio Firenze – da quando si è preferito favorire la rendita, aiutando così la speculazione, che ha portato ad affitti impossibili per gli artigiani e per qualsiasi semplice commerciante che voglia esercitare in centro. Siamo in una città nata storicamente intorno allo scambio, al contatto e al confronto, dove la ricchezza veniva poi restituita alla collettività attraverso la bellezza. Ogni vicolo di Firenze racconta questa storia, ci dice che qui hanno trovato spazio l’arte e l’artigianato, ma oggi si è scelto di andare controcorrente. Anche dopo il Covid, si è preferito trasformare le strade in parcheggi piuttosto che lasciare i dehor e tavoli all’aperto. La conseguenza è che la città si sta spegnendo e oggi anche molti hotel e ristoranti sono al momento chiusi". "La pandemia - dice il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni – ha aggravato un trend che era già in atto prima, ma che purtroppo va avanti ormai da molti anni, a danno soprattutto di alcuni settori".