Muore in casa con il virus. L’odissea di una famiglia

Ore in attesa, lo straziante racconto del figlio: "Non so neanche chi debba venire a prenderlo". L’ospedale lo aveva dimesso il pomeriggio stesso

Non c’è pace nemmeno per i defunti positivi al Covid-19

Non c’è pace nemmeno per i defunti positivi al Covid-19

Firenze, 31 marzo 2020 - Era ricoverato in ospedale dalla fine di gennaio per un problema a un polmone. Ne era uscito ieri, dopo aver contratto il Covid19 nel corso della degenza. Ma dopo pochi minuti dall’arrivo a casa, è morto. P.B. aveva 73 anni. Era padre e nonno. A chi resta, oltre al dispiacere, un carico di dolore e smarrimento ulteriore: nessuno riesce a prendersi in carico la salma del deceduto in tempi accettabili. Perché è un positivo al coronavirus. Un pomeriggio e una sera in attesa. Nel frattempo una telefonata che toglie il fiato. "Mio padre è qui, steso sul pavimento. Mi aveva chiesto di andare in bagno. Lo stavo accompagnando". E’ crollato. Il figlio ha chiamato il 118. I tentativi di rianimazione. Inutili. Ma il lavoro dei soccorritori non è potuto andare oltre il certificato del decesso. "Non possiamo spostarlo", gli hanno detto. E lui, unico della famiglia ad avvicinarsi al padre, non ha potuto permettersi neanche di piangere. Telefonate e telefonate per capire come ci si comporta, oggi, davanti alla morte di un proprio caro. Sui decessi in casa di persone positive al Covid19 è una giungla burocratica. Che fa i conti anche con il caos dei giorni di massima emergenza. Chi deve intervenire? Non l’ospedale che lo aveva dimesso giusto qualche ora prima. Così, almeno, gli è stato detto. Hanno provveduto le onoranze funebri, in tardissima serata. Sono servite ore, in attesa, con la mascherina e il camice addosso. In attesa di un medico specializzato che dovrà dare il via libera a un funerale che non potrà esserci per via delle disposizioni del governo per limitare i contagi. Il 73enne, fiorentino, era entrato a Careggi il 29 gennaio scorso. Per delle complicazioni, il polmone malato gli era stato tolto. Si stava tuttavia riprendendo bene. Ma il 17 marzo scorso, un’altra complicazione: ha contratto il coronavirus in reparto. Ma aveva reagito pure a quello. Tanto che ieri mattina, arriva una telefonata, a sorpresa: "sta meglio, non ha più la febbre, lo dimettiamo". Due le alternative che l’ospedale prospetta: degenza a casa o in una struttura. Il figlio, che ha la possibilità di isolare il resto della famiglia, preferisce riabbracciare il babbo e dice di portarlo da lui. Ma non pensava che sarebbe finita così. Anzi, che sarebbe iniziato questo calvario. I portantini lo hanno adagiato sul letto. Tossiva. E’ riuscito solo a chiedere di andare in bagno. Mentre il figlio lo aiutava, una crisi. L’ultima. Ma anche morire è diverso, con il coronavirus. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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