STEFANO BROGIONI
Cronaca

Mostro e covid: riecco l’Anonimo Fiorentino

Dopo 29 anni, nuova lettera al giornale del misterioso corvo che denunciava complotti contro Pacciani. Le pagine consegnate in procura

Pietro Pacciani (Press photo)

Pietro Pacciani (Press photo)

Firenze, 2 novembre 2020 - Il 1° novembre del 1991, i giornali titolavano sull’avviso di garanzia per Pietro Pacciani. Quello stesso giorno, "nasceva" anche l’Anonimo Fiorentino, ignoto "corvo" che, seguendo passo dopo passo ciò che pubblicava La Nazione riguardo alle indagini sul mostro di Firenze, indirizzò 23 lettere, contenenti pensieri, appelli all’innocenza del sospetto killer e pure calunnie verso ministri, magistrati, avvocati difensori, testate giornalistiche. Oggi, dopo 29 anni e un processo conclusosi con un’assoluzione, l’Anonimo Fiorentino è tornato.

Si è rifatto vivo con quattro pagine infilate in una busta e spedite per posta, corredate da un sacchettino in nylon che sembra contenere foglie e terriccio (è stato tutto consegnato in procura). Il tutto indirizzato al direttore de “La Nazione“.

Non batte più a macchina, l’Anonimo, come faceva negli anni ’90, ma scrive al computer. Dallo stile e dalla prosa, sembra proprio lui, non solo per l’impostazione grafica della missiva, rimasta pressoché inalterata dopo quasi quattro lustri, ma anche per certi riferimenti ai contenuti delle lettere passate che solo l’autore poteva sapere.

"Egregio Direttore, con il tempo cadono anche le querce perché invecchiano. Sono stanco, sono invecchiato anch’io. Lei si domanderà giustamente, egregio Direttore: ma perché risbucare fuori come un vecchio debito dopo tutti questi anni? Per un solo motivo: siamo in guerra, siamo nelle peste, siamo alla fine!"

A preoccupare l’Anonimo Fiorentino, è il coronavirus. Non tanto l’influenza che si propaga a dismisura, ma "Governo e Istituzioni, doppiamente colpevoli perché complici e incapaci di gestire una situazione come questa".

Poi opinioni e parallelismi, tra ieri e oggi, e riferimenti agli sviluppi dell’inchiesta sui delitti. D’altronde, è sempre stato critico, per non dire peggio, nei confronti delle istituzioni. Ma, l’inaspettato exploit, fa tornare vivo il mistero su questo personaggio rimasto avvolto nelle tenebre e tra le tante pieghe dell’inchiesta infinita sui delitti che insanguinarono Firenze tra il 1968 e il 1985. Nella sua collezione di missive (23 almeno, che un giorno di ottobre del 1994 fece ritrovare in una cabina telefonica di San Piero a Sieve), ha indubbiamente diffamato e calunniato, ma ha anche messo in guardia su cosa sarebbe avvenuto nell’orto di Pacciani.

Della vasta produzione dell’ignoto, la parte che ruota intorno al ritrovamento della cartuccia Winchester serie H nel travetto di cemento, il 29 aprile 1992, sembra la più interessante. O quantomeno la più suggestiva.

Il 18 novembre 1991, in una delle sue prime apparizioni, l’Anonimo presagiva che nel corso di una perquisizione a casa del contadino di Mercatale, sarebbe potuto spuntare un "gingillo" per incastrare l’indagato. Non solo. Il 28 aprile, il giorno successivo all’avvio della maxi perquisizione da lui prevista, scrisse agli avvocati di Pacciani, Ventura e Fioravanti (invertendo erroneamente i nomi di battesimo) per "rimproverarli" di non aver adottato le cautele che lui aveva suggerito, in precedenti lettere, "perché pistola e pallottole so soltanto io dove sono e lo dirò nel momento in cui avrò completato il quadro dell’accusa contro colui che adesso indico solo in ipotesi, ma che attendo al varco questa estate".

A processo, a Bologna, con l’accusa di essere l’Anonimo, ci finì il criminologo Carmelo Lavorino, che è stato anche membro del pool difensivo di Pacciani. Ma Lavorino fu assolto. Come del resto il "mostro" Vampa al processo d’Appello, sentenza poi annullata dalla Cassazione. L’Anonimo Fiorentino resta un enigma. E resta zoppa anche la verità giudiziaria sugli omicidi delle coppiette.

 

 

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