La tragedia. Morì dopo il parto: nessun colpevole

Annalisa Casali, pratese di 36 anni, morì all’ospedale di Careggi mentre dava alla luce il primo figlio. Archiviata l’inchiesta. La donna era affetta da una patologia rara

Medici (foto di repertorio)

Medici (foto di repertorio)

Firenze, 18 giugno 2018 -  Nessun colpevole per la morte di Annalisa Casali, la mamma 36enne di Prato morta all’ospedale di Careggi mentre dava alla luce il primo figlio.

Lo ha stabilito il gip del tribunale di Firenze, Antonio Pezzuti, al termine di ulteriori accertamenti che erano stati disposti, in seguito a nuova documentazione presentata dal legale della famiglia della donna morta, in particolare sull’operato della ginecologa Sandra Bucciantini che aveva seguito la donna e che, nell’ipotesi avanzata dai legali della vittima, avrebbe dovuto cogliere certi segnali (come la rottura dell’intestino a 17 anni) nella storia clinica della sua paziente.

Annalisa Casali,  36 anni, era responsabile del personale alla Adecco di Prato
Annalisa Casali, 36 anni, era responsabile del personale alla Adecco di Prato

Nessun nesso causale, dice il giudice, tra la rarissima sindrome di Ehlers-Danlos (mai scoperta) di cui era affetta la ex responsabile della agenzia Adecco di Prato, e la tragedia avvenuta nell’ottobre del 2016. E, sempre secondo il giudice, neppure il parto cesareo – unico modo di procreare per le donne affette da tale malattia - avrebbe diminuito il rischio della morte. «Se all’età di 17 anni – argomenta Pezzuti - la paziente era incorsa in uno scoppio spontaneo del peritoneo a causa della sindrome di Ehlers-Danlos, è ragionevole presumere che a seguito di un intervento ben più invasivo quale il parto cesareo si sarebbe verificata una lesione dei tessuti e una conseguente emorragia ancora più complicate e gravose che, con verosimile certezza, avrebbero portato all’evento morte. Simili conclusioni, del resto, sono avvalorate anche da quanto riferito dai consulenti del pubblico ministero nella relazione integrativa, dove si afferma che il taglio cesareo richiede comunque delle forti compressioni sull’addome materno a livello del fondo dell’utero; compressioni molto simili per natura e intensità a quelle espletate nel corso del parto naturale – la cosiddetta manovra di Kristeller –. Pertanto, la probabilità di decesso in seguito al parto cesareo su una donna affetta dalla sindrome di Ehlers-Danlos non è diversa da quelle correlate ad un parto naturale».

L’inchiesta penale è dunque archiviata, senza nessuna responsabilità né della ginecologa, assistita dall’avvocato Francesco Maresca, né degli altri sanitari. «Nel rispetto della decisione la famiglia si riserva di intraprendere azioni in sede civile», dice il loro legale, Christian Vannucchi.

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