Preso Messina Denaro. "Può dirci chi indicò gli obiettivi da colpire"

Il procuratore Tescaroli, titolare dell’inchiesta aperta sui mandanti delle stragi: "Risultato importantissimo, segna la fine dei Corleonesi E’ auspicabile che collabori per rivelare cosa sa di quella stagione"

Firenze, 17 gennaio 2023 -  Palermo e Firenze non sono mai state così vicine. La notizia dell’arresto di Matteo Messina Denaro è arrivata alla vigilia del trentennale dei morti dei Georgofili, sangue innocente versato anche per volere del super latitante da ieri mattina in manette. Il procuratore aggiunto Luca Tescaroli, che ha lavorato in Sicilia e ora, dal capoluogo toscano, continua l’inchiesta sui mandanti e sui possibili "aiuti esterni" alla mafia nelle bombe del ’93-’94, è quasi commosso. "E’ un risultato importante per lo Stato e segna la fine dei Corleonesi - sottolinea -. Messina Denaro ha svolto un ruolo decisivo nella strategia stragista mafiosa, portata avanti con i fratelli Graviano e Bagarella dopo l’arresto di Riina. Adesso è auspicabile che collabori con la giustizia per rivelare quanto di sua conoscenza in ordine alla ideazione e alla decisione di scegliere come obiettivi, diversamente dal passato, le città d’arte".

Erano le 1.04 del 27 maggio del 1993. Un boato ruppe il silenzio della notte. Ci volle poco a capire che era un attentato. L’esplosivo era stato caricato dentro un Fiorino, parcheggiato in via dei Georgofili, sotto la torre dei Pulci. La deflagrazione fu devastante. Cinque le vittime: la famiglia del vigile Fabrizio Nencioni composta dalla moglie Angela Fiume e delle loro figlie Nadia Nencioni (9 anni), Caterina Nencioni (50 giorni) e lo studente fuori sede Dario Capolicchio. Più i danni incalcolabili al patrimonio artistico degli Uffizi.

Firenze, che alcuni mesi prima era stata “avvertita“ da un proiettile d’artiglieria fatto ritrovare al giardino di Boboli, reagì. Anche se le bombe e i morti proseguirono: nel luglio successivo, furono colpite le chiese di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro, a Roma (22 feriti e danni ai luoghi di culto), e la galleria d’arte moderna di via Palestro, a Milano, dove le vittime furono invece cinque.

La magistratura si attivò e Firenze divenne anche la capitale giudiziaria di quella stagione stragista che comprende anche l’attentato fallito al giornalista Maurizio Costanzo e un altro botto mancato allo stadio Olimpico in occasione di una partita del campionato di calcio.

Nel giugno del 1998, arrivò la prima sentenza. Nella cupola sanguinaria condannata all’ergastolo, c’era anche Matteo Messina Denaro, già latitante e già considerato l’erede di Riina, che era finito dentro pochi mesi prima dell’inizio dell’era delle bombe sulla terra ferma. Nel 2001 la corte d’appello confermò, prima del sigillo definitivo della Cassazione.

Nel 2008, con il pentimento di Gaspare Spatuzza (e di Cosimo D’Amato), si è aperto un nuovo capitolo, ancora aperto: oltre a nuovi esecutori, si è spalancata l’ipotesi dei mandanti.

Ancora oggi, dopo un valzer di archiviazioni, è la pista battuta dalla procura. Gli indagati sono Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Cosa succederà adesso, dopo alcune “aperture“ ai pm Tescaroli e Luca Turco di un altro super boss, “madre natura“ Giuseppe Graviano, dipenderà proprio dall’atteggiamento di Messina Denaro.

 

 

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