Sanità, no dei primari del pronto soccorso. «Col master medici di serie B»

Carenza organici: non piace la proposta di Università e Regione

Pronto soccorso (foto repertorio)

Pronto soccorso (foto repertorio)

Firenze, 25 ottobre 2018 - MANCANO i medici in pronto soccorso. Il problema è destinato a diventare una piaga se non verrà risolto in tempi ragionevoli. Anche perché, con i numeri già sotto organico, il personale è costretto a rientri e superlavoro, con turnazioni di notte che superano anche i sei giorni al mese. Ovvio dedurre che se le cifre in dotazione caleranno ancora si dovranno adottare correttivi per affrontare una vera e propria emergenza dell’emergenza. Ma i primari dei pronto soccorso dell’area Firenze, Prato, Pistoia, Empoli bocciano la soluzione promossa da Università e Regione di tamponare alla carenza, creando un master in medicina di emergenza che permetta l’ingresso in pronto soccorso, già al quarto mese di corso (affiancati da un tutor sino a fine formazione), ai laureati in medicina disoccupati, rimasti fuori dalle scuole di specializzazione e di medicina generale.

Quel gruppo di medici, secondo la bozza di progetto depositata in Regione, dovrebbe dedicarsi alle cure dei casi più lievi, i codici 4 e 5 del nuovo triage (ex azzurri e bianchi), fuori dalla pertinenza del percorso See-and-Treat (di cui si fanno carico gli infermieri), e alle urgenze pre-ospedaliere.

«Secondo noi non può essere questa la soluzione del problema: primo perché creerebbe delle figure ibride, una sorta di medici di serie B, costretti a lavorare per sempre e senza prospettive di carrierea in pronto soccorso occupandosi di codici bianchi – spiega il direttore del dipartimento di Emergenza e area critica dell’Asl Toscana Centro, Simone Magazzini – Ma non solo. Non sarebbe utile il master perché non ci manca chi visita i codici bianchi, pittosto personale che entri nel sistema a tutto tondo. Fra l’altro è proprio l’esperienza dei medici e la loro capacità di riconoscere le patologie prontamente a qualificare i nostri pronto soccorso: e non è affatto detto che un paziente collocato dal triage in bassa priorità non possa poi manifestare problemi più gravi. Succede».

Dunque no al master. «Immaginiamo che prima di portare avanti questa proposta saremo interpellati – spiega Magazzini che oltre al dipartimento dell’Emergenza cui fanno capo tutti i pronto soccorso dell’Asl Toscana Centro, dirige il pronto soccorso dell’ospedale di Prato – Alla delibera regionale per la riorganizzazione dei pronto scoorso abbiamo lavorato con tutti i direttori e con il consenso di oltre 200 persone fra medici e infermieri impegnati in prima linea».

Ma master o non master il problema bussa. E non riguarda solamente la Toscana. Anzi. Ci sono situazioni molto più gravi, principalmente nelle regioni del Sud.

«Nessuno vuole più andare a lavorare nei pronto soccorso, si preferiscono luoghi più tranquilli», denuncia Carlo Palermo, segretario di Anaao Assomed, il principale sindacato dei medici e dirigenti del servizio sanitario pubblico.

«E c’è da chiedersi come è stato possibile modificare questa professione tanto da renderla così poco appetibile per i giovani medici – dice Magazzini – Su questo punto dobbiamo fare una riflessione seria. Perché quando io sono entrato in pronto soccorso, essere selezionato fra i medici in prima linea era al top delle ambizioni di ognuno di noi, il luogo più qualificato dove fare il medico».

Ora non è più così. Ma ricette magiche non ce ne sono. Il numero di neo-specializzati è ancora troppo basso rispetto alle necessità, soprattutto nel confronto con altre scuole specialistiche. Nemmeno l’aumento delle borse di studio per la Scuola di specialità in Medicina d’emergenza urgenza, anche se venisse attuato subito, produrrebbe effetti positivi sul sistema prima di cinque anni (la durata del corso), mentre la criticità delle piante organiche è già molto elevata.

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