Maestro Kami, perché questa pittura così rarefatta, questi volti sfumati, quasi evanescenti?
"Da sempre mi interessa non c’è che è visibile, ciò che sta dietro l’apparente, l’invisibile, cercando di arrivare alla psiche, all’anima. E vorrei restituire la sensazione che ho di quel viso, quello che c’è dietro, di cui mi sembra sempre non afferrare qualcosa, come se fosse impossibile capire fino in fondo".
Ritratti, ma anche pittura astratta, e poi le mani. Che cosa ci vuole dire?
"Per me hanno un significato profondo. Mi piace ricordare il teologo e filosofo francese Blaise Pascal che ha detto: l’anima ama la mano’. Molto spesso le raffiguro in preghiera, un segno che appartiene a tante tradizioni religiose, dal Cristianesimo alle religioni orientali come l’Induismo, il Buddismo, ma non all’Islamismo né al Giudaismo".
Lei è religioso?
"Non proprio, ma amo compare le religioni, lo trovo molto interessante. Qui a San Miniato le mani dipinte sono quelle di un mio amico prete di New York, mezzo protestante e mezzo ebreo, sposato con un uomo".
A Firenze i suoi dipinti sono in dialogo con opere del passato. Per esempio, a Palazzo Vecchio si confrontano con le grandi battaglie del Vasari.
"Sì, è un bel contrasto. Perché i miei ritratti, con persone ad occhi chiusi, vogliono invece portare un messaggio di pace, almeno un invito alla ricerca della pace".
Olga Mugnaini