L’originalità del fortino rosso di Firenze

Sandro

Rogari

Si fa presto a parlare di fortino rosso, per indicare Firenze che, col suo 42,60% al Pd, ha confermato la tenuta, quando i fortini della Toscana rossa d’antan si sgretolano o sono crollati da tempo. Così, magari implicitamente, si fa riferimento alla tradizione comunista che permane con un’incredibile tenuta generazionale. Ma l’analisi è fuorviante. Firenze è un’altra cosa. Certo nel successo locale del Pd contano fattori correnti, come avere candidato Federico Gianassi, stimato amministratore e che ha il pregio, non da poco, di conoscere il territorio. E il fattore Nardella, apprezzato per l’impegno nell’amministrazione della città. Ma tutto questo non basterebbe a giustificare il successo senza comprendere che la tenuta è il frutto dell’innesto di più culture politiche. Si trattasse solo di post comunisti sarebbero già stati sconfitti. Non lo sono stati per la forza sinergica della tradizione della sinistra cattolica, che a Firenze ha un radicamento non riconducibile a fatto generazionale. Se scorriamo le giunte e i sindaci che si sono succeduti a Palazzo Vecchio dal dopoguerra a oggi vediamo che la prima giunta elettiva guidata dal comunista Fabiani è stata sconfitta nel 1951 da una Dc guidata da Giorgio La Pira. E così siamo andati avanti per 25 anni, con giunte centriste e di centrosinistra, finché nel 1975, nel momento del massimo exploit del Pci, Elio Gabbuggiani diveniva sindaco di una giunta di sinistra. Ma è durato 8 anni. Nel 1983 il pentapartito promuoveva la giunta Bonsanti con il Pci all’opposizione. Questo avveniva quando il resto della Toscana esprimeva nel consiglio regionale giunte frontiste. Tutto cambia nel 1995 col sindaco Mario Primicerio. Non solo perché si tratta del primo sindaco ad elezione popolare, ma perché da cattolico di tradizione lapiriana va a presiedere una giunta di centrosinistra con i post comunisti. Allora si realizza l’innesto fra due e più tradizioni politiche, compresa quella socialista. Da Primicerio a Nardella, passando per Domenici e Renzi, si realizza l’amalgama che fa di Firenze altra cosa, rispetto al resto della Toscana.

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