Lo sgomento dei vicini di casa "Molto riservati, quasi invisibili"

Lui viveva con moglie e figlio in un fondo trasformato in abitazione. "S’intuiva del disagio ma non così"

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Un bandone abbassato e, sulla buca delle lettere, il cognome Cintelli. È da questo fondo adibito ad abitazione a Ponte a Signa (nella foto), frazione di Lastra a Signa, che Marco Cintelli, 50 anni, un lavoro da idraulico prima e da elettricista poi, sarebbe partito venerdì scorso, dicendo alla moglie di volersi trasferire per qualche giorno a casa della sorella Carlo, nel Comune di Signa, sull’altra sponda dell’Arno. Il fondo si affaccia in un vicolo. E, a pochi metri, si trovano alcuni garage e diversi casotti degli attrezzi, incluso quello in cui l’uomo si sarebbe rifugiato dopo essere fuggito dalla casa della sorella. Qui è stato trovato mercoledì dai carabinieri della compagnia di Signa, grazie al tracciamento del cellulare. In piazza Andrei, nel cuore di Ponte a Signa, un po’ tutti conoscono la famiglia Cintelli. "Alcuni anni fa, dopo la morte dei genitori – spiegano gli abitanti della zona – pare che ci siano stati i primi problemi economici. Così Marco si è trasferito con la famiglia prima nell’abitazione della sorella e poi in questo garage, acquistato dal padre per essere utilizzato come magazzino".

"Lo hanno trasformato in abitazione e ci vivevano in tre: marito, moglie e figlio. Marco diceva di lavorare a Empoli, in un’azienda di quadri elettrici, ma ultimamente lo vedevamo qui quasi ogni mattina, mentre andava in bici a fare la spesa verso l’Ipercoop. La sorella poi non aveva mai lavorato e girava spesso a piedi fra Lastra e Signa". Proprio in questo quadro di criticità crescenti, secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti, i dissapori fra fratello e sorella sarebbero diventati sempre più aspri, fino probabilmente alla lite avvenuta fra venerdì e lunedì, quando Carla Cintelli sarebbe stata uccisa. "Sia Marco che la sorella erano quasi invisibili – racconta un altro conoscente – persone talmente riservate da rendere difficile scambiare con loro più di un saluto. Li vedevamo in giro, un po’ tutti li conoscevamo di vista, ma nessuno sapeva molto della loro vita e della situazione che vivevano. Certo s’intuiva che c’era del disagio, ma nessuno si era reso conto di quanto fosse diventato grave".

Lisa Ciardi

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