Le mani delle cosche sul tesoro dei rifiuti. La ’ndrangheta voleva anche il Viola Park

Così i tentacoli del clan Gallace sono arrivati in Toscana. Il marchio di Guardavalle, paesino calabrese d’origine, usato come grimaldello

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di Stefano Brogioni

FIRENZE

Parlavano e passeggiavano. Passeggiavano e parlavano, mentre la maestosa bellezza di Firenze li accompagnava.

Forse pensavano che un giorno tutto quello sarebbe diventato loro. Ma non sapevano che i loro colloqui, mai al telefono e volutamente in spazi aperti, nonostante queste precauzioni avvenivano sotto gli occhi dei carabinieri del Ros.

Domenico Vitale e Nicola Chiefari avevano lasciato la Calabria.

Ma non avevano dimenticato le loro origini. Chiefari, originario di Guardavalle, trapiantato nel Valdarno aretino, ha perso il padre boss in un omicidio.

Per gli inquirenti, sono i tentacoli del clan Gallace in Toscana.

Firenze è dunque tra i loro obiettivi. Nicola Verdiglione uno dei loro sodali.

Bagno a Ripoli nel mirino. Verdiglione è parte di quel sodalizio, ai cui vertici si trovano, secondo i pm Giulio Monferini e Eligio Paolini, Vitale e Chiefari, che si sarebbe impossessato dall’impresa Cantini Marino srl di Vicchio (con sede anche a Scandicci), ma che tentava di infiltrare altre imprese o di metterne fuori gioco altro.

Dalle intercettazioni emerge la volontà di Verdiglione di avvicinare Giovanni Nigro, l’imprenditore - anch’egli di origine calabrese - che sta costruendo il centro sportivo della Fiorentina a Bagno a Ripoli ma in quel momento non ancora assegnatario del lavoro.

"L’intenzione di Verdiglione - si legge nell’ordinanza - è quella di ’approcciare’ Nigro facendosi latore del ’marchio di Guardavalle’, ben sapendo che le origini calabresi dell’imprenditore rendano lo stesso particolarmente sensibile a certe dinamiche legate all’azione delle cosche".

Prima di muoversi, Verdiglione chiede il benestare al titolare Cantini. "ditemi.. io gli vado là e gli riferisco". Cantini, se "quelli di là" non hanno niente in contario (agli atti anche un viaggio di Cantini in Calabria, forse per conoscenza), è favorevole all’inserimento nel progetto. Che - precisiamo - non risulta esserci stato.

L’appalto di Empoli. La Cantini Marino è l’impresa che, lavorando alla variante della Sr 429 nell’empolese, ha infilato sotto il manto stradale tonnellate di "Keu", lo scarto lavorato dei rifiuti delle concerie. Ma per arrivare fino lì, hanno estromesso con le cattive un concorrente, costringendole con le minacce a rinunciare ad una commessa. Il titolare dell’impresa, R. F., venne infatti convocato nel febbraio del 2019 nell’impianto di smaltimento di Pontedera di Francesco Lerose, un altro calabrese finito in carcere nel filone d’indagine su Santa Croce che coinvolge i conciatori, lo smaltimento, politici e anche il capo gabinetto della Regione Toscana, Ledo Gori.

Ma anziché potenziali clienti, come pensava, quel giorno trovò ad attenderlo Chiefari, Vitale e il fratello di quest’ultimo, Bruno. Per gli inquirenti, ci furono sicuramente pesantissime intimidazioni, ma forse anche percosse.

"Madonna quello lì era incazzato di nulla.. nel tuo piazzale gli fecero una ripassata... quello lì che nel tuo piazzale gli dettero quella fila di cinghiate nelle gambe gli stette più fermo".

R.F. mollò il lavoro. E ha cambiato anche settore imprenditoriale.

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