"Le gite in bici, i tuffi, le corse in spiaggia In villeggiatura ho scoperto la piena felicità"

Cesara Buonamici racconta le estati trascorse in Versilia: "Provavo un senso di libertà assoluto, forse perché il tempo sembrava fermarsi"

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di Titti Giuliani Foti

"Da ragazzini pareva che le ore non passassero mai. O passassero senza dire niente. Perché eravamo in villeggiatura: quando hai memoria e sei cresciuta, non c’è una gerarchia, restano le sensazioni, la cosa più bella". E’ fiorentina Cesara Buonamici, volto noto del TG5, ottima, solare giornalista. I suoi ricordi d’estate, sono di quei periodi lì dove tutto poteva trasformarsi, e restavi sempre la stessa persona senza la ricerca di un senso, e trovavi pace e divertimento nel vivere cose semplici. Come oggi, nel ricordare.

Signora Buonamici com’erano le sue vacanze?

"Profumavano di bello e di allegria. Ho passato anni meravigliosi in Versilia: il giorno dopo la fine della scuola partivo con la nonna e la zia per la casa di Lido di Camaiore dove ero totalmente felice. Era il tempo della villeggiatura, e solo sentire pronunciare questa parola qualche giorno prima per i preparativi, mi faceva sognare. Fiutavo nell’aria il cambiamento di ritmi, le giornate più lunghe, la frenesia di aver portato al mare tutto, la curiosità di aprire i cassetti per riscoprire le mie cose in quella casa chiusa da un anno. Sapevo del tempo lunghissimo che mi staccava dalla città, pregustavo quel che mi sarebbe aspettato".

Cos’aveva di bello la sua villeggiatura?

"Le abitudini erano belle. Come la dolcezza e l’allegria di rivedere il mio piccolo esercito di cugine – tutte donne – curiose di rivedermi. Ricordo i lunghi bagni, i giochi, il mercato del Forte dei Marmi e quello di Viareggio. Tappe che mi regalavano un senso di libertà assoluto e una gioia robusta, quella che garantisce soltanto l’amore che non hai scelto e ti sei trovata".

La Versilia cosa rappresentava per lei?

"Quel che ancora sento nel cuore: lunghissime gite in bicicletta sui viali a mare, le nuotate in quell’acqua che mi è sempre apparsa bellissima. I tuffi, le corse sul bagnasciuga coi miei amici. Ci sono attimi che si ripetono al momento giusto: come quando arrivava il bagnino e mi portava a prendere le arselle. A casa devo aver conservato anche qualche guscio. Il bagnino spiegava a me e agli amici come lasciarle nell’acqua di mare perchè buttassero via la sabbia e non scricchiolare sotto i denti".

C’era un sottofondo che ricorda?

"Le nostre giornate avevano una colonna sonora che si chiamava atmosfera. Non so spiegarla altro che come concentrato di distensione, forma non canonica di beneficenza morale e materiale. Ricordo quando c’era brutto tempo le interminabili partite a scala quaranta. Si stava a casa sotto una bellissima loggia a sfidarci e le partite non finivano mai. Poi c’era il nostro bagno che si chiamava Buonamici, e non ho mai saputo se quei proprietari facessero parte della nostra tribù oppure no".

Partite a carte e?

" L’attesa è una consolazione immaginata, a volte prevista: aspettavamo le cinque per correre a prendere i bomboloni caldi ricoperti di zucchero, lì vicino, al bar Cristallo. La merenda era un altro appuntamento imperdibile. Poi si passava a fare partite di ping-pong: in quel periodo ero proprio fissata. Giocavamo anche in quattro e poi addirittura a girare. Ci divertivamo tantissimo. E dopo il ping pong passavamo al bigliardino dove c’era il divieto assoluto di ’frullare’ i calciatori".

Il tempo.

"In villeggiatura sapevi di avere un sacco di tempo libero per le abitudini che amavi. Ricordo l’attesa del mio babbo che mi portasse a visitare le cave di marmo a Carrara e Pietrasanta: gli uomini sulla spiaggia si annoiano sempre. Allora andavamo insieme in quella Versilia magica incuneata tra mare e montagne bellissime. I suoi racconti mi hanno fatto innamorare di Michelangelo che posava le mani sul marmo per per scegliere il blocco giusto per le sue sculture".

Esistevano i riti?

"Il pomeriggio la zia portava mio fratello Cesare, più piccolo di me, alla pista delle biciclette e delle macchinine in pineta. Erano gli anni che si dovevano aspettare due ore prima di fare il bagno. Uscita dall’acqua mi aspettavano le focaccine di Valè del Forte dei Marmi: tutto era motivo di gioia. E senza il peso della vita quotidiana, nè paura della libertà".

Rimpianti?

"Ricordo solo la tristezza del momento di tornare a Firenze: il ributtare i teli bianchi sui divani e sui mobili per chiudere casa dopo aver passato un’estate colorata, dove anche il gioco della bottiglia riusciva a farmi sognare. Non avrei voluto tornare mai: ma sapevo che avrei combattuto, e non avrei vinto".

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