’Lavoro, è un’isola felice. Ma guardiamo avanti’

Mauro Faticanti (Cgil): "Economia risalita con la moda, però serve risolvere i problemi: capannoni, infrastrutture, tramvia, ingorghi stradali"

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di Sandra Nistri

"Il territorio di Scandicci è un’isola felice per il lavoro ma bisogna porsi il problema perché possa rimanere così anche per i prossimi quindici o venti anni creando le condizioni favorevoli". L’invito a guardare in prospettiva, rivolto anche alle istituzioni e non solo, arriva da Mauro Faticanti responsabile Cgil a Scandicci: "Quello di Scandicci è un caso particolare perché dopo la chiusura delle grandi fabbriche metalmeccaniche che per anni avevano rappresentato l’ossatura dell’economia il territorio, che già aveva una nicchia di pelletteria con alta professionalità, ha risalito la china grazie all’insediamento di grandi brand della moda. Rispetto a questa situazione, che anche nel periodo del Covid ha tenuto con un saldo occupazionale positivo e nessun licenziamento, ci sono alcuni elementi problematici: il primo è che non ci sono gli spazi, non ci sono più capannoni che le aziende possono occupare e questo è un grosso handicap". Altro nodo cruciale: le infrastrutture: "La tramvia

non arriva nella zona industriale, noi già due anni fa avevamo raccolto le firme e segnalato la cosa a Comune e Regione perché ci potesse essere un prolungamento anche perché il progetto sarebbe facilmente realizzabile.

Altra difficoltà non da poco l’ingorgo che si forma, ogni giorno, alla confluenza tra l’uscita di Scandicci, la superstrada e l’autostrada, problema grosso per tutti, non solo per i lavoratori complicato dal fatto che i gestori sono diversi. La situazione sarà un po’ migliorata dalla realizzazione del ponte a Signa ma il nodo infrastrutture, comunque, rimane".

C’è poi una questione legata alla produzione: "In questo caso – prosegue Faticanti – il problema è dovuto alla modifica del modo di produrre: un tempo c’era un settore artigianale vero che trasmetteva quello che si potrebbe definire il sapere operaio, con l’arrivo dei grandi brand siamo arrivati a una produzione standardizzata, ciò porta al rischio di perdere questo sapere e non sempre le iniziative di formazione rispondono a queste esigenze".

La presenza delle più famose griffe sul territorio però, secondo il responsabile della Cgil locale, ha portato sicuramente al superamento di due dogmi: "il primo – conclude - è che piccolo è bello che da quindici anni non ha più senso perché una piccola azienda non ha certamente le armi per poter competere ed il secondo è che è conveniente esternalizzare perché le aziende stano reinternalizzando tanto lavoro finora dato all’esterno e, comunque, hanno bisogno di una filiera molto corta".

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