La marcia silenziosa Corona alla memoria dove c’era il cratere E si indaga ancora

Alle 1.04 la delegazione partita da piazza della Signoria rende omaggio alle cinque vittime dell’attentato dei Georgofili.

di Stefano Brogioni

Il corteo si muove puntuale e silenzioso. In testa i gonfaloni, di Palazzo Vecchio, della Regione, di San Casciano, della Citta’ Metropolitana. Autorità, forze dell’ordine, i vigili del fuoco, i volontari. I parenti delle vittime, con il presidente Luigi Dainelli. I fiorentini.

Alle 1,04, suona la martinella e una corona d’alloro accanto alla targa fa compagnia all’Albero della Pace. Ancora silenzio, rotto solo da un lungo applauso.

Ne son passate di celebrazioni per la strage di via di Georgofili. Ma questa, quella del trentennale, forse è la più sentita. La più partecipata, anche emotivamente.

Sarà che trent’anni dopo, ci sono tutti gli elementi per approfondire una verità su quella stagione di attentati mafiosi, a cui anche Firenze pago’ un pesantissimo contributo. Nadia e Caterina Nencioni, nove anni e cinquanta giorni, il babbo Fabrizio, e la mamma Angela. Alle 1.04 del 27 maggio del 1993, il loro appartamento nella torre dei Pulci si sgretolò per una deflagrazione devastante. Tutta quella potenza esplosiva provocò anche un incendio, che divorò lo studente Dario Capolicchio.

Cinque vittime. Decine di ferite. Danni ingentissimi che potevano essere irreparabili se il Fiorino carico di una miscela micidiale di esplosivo fosse stato parcheggiato qualche metro più avanti, dove la sede dell’Accademia dei Georgofili non avrebbe più attutito quel botto comunque micidiale.

Una verità storica da raccontare, a prescindere da quella giudiziaria in gran parte già scritta, ma non proprio tutta. "Un bicchiere non completamente pieno", ha detto Luca Tescaroli, il magistrato che, ieri a Caltanissetta, oggi a Firenze, rappresenta il simbolo di chi vuol capire cosa stava succedendo in Italia tra gli attentati alle vite dei giudici Falcone e Borsellino e una bomba che non esplose mai, quella del 23 gennaio 1994 all’Olimpico. In mezzo via Fauro, contro Maurizio Costanzo, i Georgofili, Milano, Roma. Il ricatto mafioso per far retrocedere lo Stato sul carcere duro. Ma quella destabilizzazione avrebbe potuto far comodo ad altri, o potrebbe essere stata addirittura sollecitata. Materia, questa, dell’ultima indagine della Dda di Firenze. Qui, dove si sono celebrati i processi per le stragi del 1993, e sono stati condannati Riina, Graviano, Matteo Messina Denaro, si scava ancora, oltre le sentenze che hanno ricostruito molto, ma non ancora tutto. Indagini che riguardano ancora una volta Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, i “mandanti a volto coperto“ secondo un teorema investigativo che finora non è mai andato oltre le archiviazioni, ma che ora s’intrecciano con una rilettura più ampia.

La lunga giornata della commemorazione, culminata nella marcia alla volta del punto dove il Fiorino bianco provocò un cratere per quei 250 chili di esplosivo che aveva in pancia, ha avuto il suo cuore in piazza della Signoria. L’arengario di Palazzo Vecchio è stato il palcoscenico di dibattiti, spettacoli, interventi. Arte, cultura, riflessioni.

"La strage dei Georgofili è una ferita aperta ma dobbiamo essere consapevoli che l’applicazione e la dedizione di magistrati, la coesione con le istituzioni che si venne a creare trenta anni fa, la reazione della città portò a sviluppare a Firenze un lavoro particolare", ha ricordato il governatore Eugenio Giani, che trent’anni fa faceva l’assessore e ora è in cima al corteo, dove sfila anche il senatore Matteo Renzi, già sindaco.

"La mafia c’è, è molto presente, e fa soldi sulla pelle delle persone oneste: il compito più difficile oggi è tenere gli occhi bene aperti su cosa le mafie oggi continuano a fare nelle nostre regioni, nei nostri territori, attraverso azioni economicamente molto profittevoli e che danneggiano il tessuto etico e civile del nostro paese", ha detto il sindaco Dario Nardella prima di mettersi in marcia. Proprio ieri, Nardella ha annunciato che intitolerà a uno dei simboli della lotta antimafia il parco di San Donato: quel simbolo è Piero Luigi Vigna.

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