Invisibili in fila per un pasto caldo "Cresce anche il disagio emotivo"

Ogni giorno i volontari della Caritas distribuiscono cibo a quasi cinquecento persone in difficoltà "Stanno aumentando gli anziani stranieri e ci sono anche molti minori. La sofferenza è sempre più diffusa"

di Emanuele Baldi

La pastasciutta, la carne, un frutto. Benzina per motori umani che hanno perso terreno sulla strada di una società balorda e nevrotica dove il lavoro è utopia e il sorriso del prossimo merce rara. La Fondazione Solidarietà

Caritas Onlus ogni giorno allunga forchette, coltelli e un sorriso a un esercito di invisibili che non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena. Sono tanti, di ogni età – anche ragazzini e tanti anziani, perlopiù stranieri privi di una rete sociale di sostegno – anche se l’utente medio che si rivolge alla mensa di via Baracca gestita dall’associazione è in genere un uomo di mezza età, italiano, tra i 35 e i 54 anni, spesso di passaggio.

Analizzando i dati delle presenze estive dal 2018 a oggi si evince come gli over 65 siano passati da 107 a 128. Ma se i cittadini italiani sono diminuiti, da 51 di quattro anni fa a 43 di quest’anno, al contrario sono cresciuti gli anziani di nazionalità straniera, da 56 a 85: sono coloro che non possono contare su una pensione, né su una rete familiare e fanno più fatica a trovare un lavoro. Gli stranieri tra i 18 e i 64 anni invece sono nettamente calati: erano 1.397 nel 2018 sono stati 801 quest’anno.

"La mensa è un servizio che non si è fermato neanche durante il lockdown e non va mai in vacanza, anche perché d’estate, quando chiudono alcune strutture o attività commerciali a cui le persone fragili solitamente fanno riferimento, è il solo luogo dove possono trovare almeno un pasto al giorno" commenta il presidente della Fondazione Solidarietà Vincenzo Lucchetti. "’Ma le mense – prosegue Lucchetti – rimanendo aperte durante tutta l’estate, costituiscono anche uno dei punti di riferimento per i poveri: sono ’porte aperte’ dove chi è in difficoltà può trovare persone ad ascoltare ed aiutare". Dopo il primo accesso gli utenti vengono indirizzati allo sportello di ascolto e della Caritas diocesana "perché lo scopo non è solo sfamarli, ma avviare per ognuno un percorso di integrazione e autonomia".

Un concetto questo che sottolinea anche Ginevra Chieffi, direttrice generale della Fondazione: "Noi non diamo solo un pasto, ma intercettiamo anche un bisogno". Le mense diventano così una sorta di termomentro dell’emergenza sociale che la sessa Chieffi a oggi definisce così: "Stiamo rilevando che molte persone rispetto al passato iniziano a soffrire di disagi più profondi, una sorta di scompensi emotivi che sono certo spia di un momento delicato per tutti".

Dopo lo stillicidio della pandemia certo non ci volevano le bollette impazzite e i prezzi del cibo lievitati: "Inevitabilmente nelle prossime settimane registrermo qualche movimento in più ma siamo pronti come ogni giorno". Postilla: tra via Baracca e le altre mense diffuse nei quartieri la Fondazione serve ogni giorno quasi cinquecento pasti.

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