Inchiesta Open, bocciati i sequestri. "Provvedimenti non pertinenti"

Depositate le motivazioni con cui la Cassazione annulla le perquisizioni ai finanziatori non indagati. Il ricorso vinto dai legali del manager Serra. "Nesso inconsistente fra donazione e ipotesi di reato"

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FIRENZE

Un’altra bacchettata della Cassazione all’inchiesta sui finanziamenti a Open, la fondazione vicina a Matteo Renzi che ha organizzato, prima di sciogliersi, le kermesse della Leopolda.

Sono infatti uscite le motivazioni dell’annullamento (senza rinvio al Riesame) delle perquisizioni ai finanziatori non indagati: "vince" Davide Serra, il manager del fondo Algebris, ma un provvedimento analogo è atteso in questi giorni per tutti i sostenitori della Fondazione finita sotto i riflettori della procura di Firenze che hanno impugnato i sequestri di computer, telefonini e altri dispositivi. Ora restituiti. Il ricorso, presentato dall’avvocato Alessandro Pistochini, è stato recepito praticamente in pieno, dai giudici della Sesta Sezione della Suprema Corte.

I giudici partono precisando che i finanziatori erano "terzi" all’inchiesta, che vede indagati per finanziamento illecito ai partiti l’avvocato Alberto Bianchi, presidente della Fondazione chiusa nel 2018 dopo aver raggranellato sei milioni, e il consigliere Marco Carrai. "In tale prospettiva il decreto di sequestro avrebbe dovuto indicare con precisione il nesso strumentale che legherebbe il pc aziandale e le mail estratte dalle caselle di posta elettronica volte ad accertare i fatti di reato". Era pertinente alla contestazione della procura, prendersi tutto? No, secondo i giudici della Suprema Corte, che hanno rilevato "assenza di indicazioni, circa la rilevanza probatoria". Un sequestro "esplorativo", visto che il principio di "proporzionalità e adeguatezza" sarebbe venuto meno con l’imponente acquisizione di dispositivi, tramite una perquisizione che Matteo Renzi non manca mai di stigmatizzare.

Sono state ritenute "inidonee" le giustificazioni sull’utilizzo di stringenti parole chiave per estrapolare solo quello che era utile a fini investigativi. "Le chiavi di ricerca non erano comunque capaci di garantire il rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza", ed esse "non trovavano la loro fonte nel decreto di sequestro, ferma restando la genericità di gran parte di esse".

Ma la Cassazione ha pure intaccato l’ossatura dell’indagine, ovvero l’assunto Openarticolazione di partito, applicato al finanziamento illecito effettuato da chi ha donato del proprio. Nel caso di Serra, la triangolazione con gli investimenti in società lussemburghesi, la Wadi, riferibili a Carrai.

"Nel caso di specie le scarne informazioni fornite, in aggiunta all’assunto di una concomitante attività di finanziamento della Fondazione, non consentono in alcun modo di prospettare il tipo di condotta cui sono correlate le attività investigative, non comprendendosi in che modo il reato sia attribuibile al Carrai o a terzi in relazione ad una mediazione illecita richiesta o all’incarico di remunerare pubblici ufficiali per un atto contrario ai doveri di ufficio".

La "bocciatura", senza appello, dei sequestri ai finanziatori non indagati di Open, assesta un gancio all’inchiesta, ma in procura si continua a lavorare a bocca chiusa anche in vista della prossima udienza che si terrà, nuovamente al riesame, per le perquisizioni all’indagato Carrai. Parla, invece, Italia Viva. Twitta Marco Di Mario: "Depositate le motivazioni dell’annullamento dei sequestri fatti a danno di chi aveva finanziato la Leopolda. Quel blitz in grande stile risale a 12 mesi fa, poche settimane dopo la nascita di Italia viva. Il tempo si conferma galantuomo, ma chi paga il prezzo degli errori?"

ste.bro.

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