"In due ore un decimo dell’acqua di un anno"

Il professor Federico Preti e i progetti da attuare per migliorare il sistema idraulico minore smantellato nel corso dei decenni

di Olga Mugnaini

Settanta-ottanta millimetri in meno di due ore. E tutto su un “fazzoletto“ di territorio fra Grassina, Antella e Bagno a Ripoli.

Chiamarlo temporale estivo non rende l’idea. E infatti, anche il professor Federico Preti, docente di idraulica agraria e sistemazione idralulico-forestali dell’Università di Firenze, parla di evento eccezionale.

Professor Preti, come spiegare il disastro di lunedì sera nel comune di Bagno a Ripoli?

"In neppure due ore è caduto un decimo della pioggia che mediamente abbiamo nell’arco di un anno. In pratica, dalla mattina a alla sera siamo passati dalla siccità a una crisi idraulica".

Strade e case allagate. Da cosa dipende tutto ciò?

"Troppa concentrazione nel tempo, con piogge intense più frequenti, ma anche nello spazio, con tempi di corrivazione dei deflussi che si sono ridotti: in zone non lontane da Bagno a Ripoli non è neppure piovuto, mentre nel Chianti anche più di 100 millimetri. Persino il beneficio per la siccità è minimo, perché c’è stato il fenomeno del “ruscellamento“, con gran parte dell’acqua che non riesce a penetrare nella falda".

Questi rovesci estivi sono sempre accaduti. Che cosa c’è di diverso adesso?

"È cambiato il territorio, che è diventato molto più vulnerabile, perché riceve tutta questa acqua improvvisa senza avere un adeguato reticolo idraulico minore o piccoli invasi , che si sono persi via via nel tempo benendo a mancare il presidio e la manutenzione del terriorio. Ad esempio l’abbandono o la trasformazoione della gestione delle zone agricole, dove in pratica nessuno pulisce i piccoli fossi, nessuno ripara i muri a secco. Ma anche la trasformazione delle colture sulle nostre colline produce parte dei danni".

Cioè, che cosa è successo?

"Ad esempio, molti dei nuovi vigneti non sono più a “girapoggio“ o terrazzati, ma sono stati ripiantati a “rittochino“ con filari troppo lunghi, una sistemazione agraria che certamente consente di lavorare con i mezzi meccanici, ma che non aiuta la regimazione e il drenaggio o della pioggia o il controllo dell’erosione. Non dobbiamo poi dimenticare i guai che vengono dall’eccesso di asfalto e superifci impermeabili che abbiamo intorno a noi, con aumento dei danni alle infrastrutture stesse se edificate in zone a rischio".

Quali rimedi si possono adottare? Vanno bene le casse d’espansione?

"Dipende, se consideriamo grandi bacini o quelli della taglia che hanno subito i danni a Ferragosto. Certamente è necessario riottenere l’effetto di cassa di laminazione “equivalente”, ovvero opere di compensazione come le cosiddette “Nature Based Solutions“, interventi ispirati alla natura o di ingegneria naturalistica, che trattengano e rallentino i deflussi, favorendone l’infiltrazione nel sottosuolo. Ad esempio, nelle zone urbane sarebbero utili delle fasce vegetate che possano frenare prima dell’ingresso nelle fognature o nelle reti di scolo".

Insomma, paghiamo gli errori della troppa antropizzazione.

"O di quella sbagliata: diciamo che doppiamo imparare a trovare il compromesso più sostenibile e riqualificante. Anche come presidente dela sezione Difesa del Suolo dell’associazione Italiana di Ingegneria Agraria e di quella per l’ingegneria Naturalistica, credo davvero che dovremmo iniziare a seguire le direttive europee che introducono concetti precisi sul consumo del territorio e sull’impiego di certi materiali assai più ecocompatibili rispetto ad altri".

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