di Stefano Brogioni
FIRENZE
"Nella vicenda Ciatti l’ultima chance per la famiglia di ottenere una sentenza che passi per prima in giudicato in Italia, è quella di ottenere una rapida udienza a seguito dell’impugnazione in Cassazione dell’imputato. A nostro avviso questo rappresenterebbe una forma di risarcimento alla famiglia per l’ingiusta scarcerazione dell’imputato, consentendo all’Italia l’esecuzione della pena, una volta trovato il latitante. Ricordiamo che la Spagna ha consentito la fuga del Bissoultanov per ben due volte e pertanto, assicurarlo alla giustizia italiana, una volta per tutte, sarebbe motivo di serenità, aggiungiamo “meritata”, per la famiglia di Niccolò Ciatti". A parlare sono gli avvocati Agnese Usai e Massimiliano Stiz, legali dei genitori, della sorella Sara e dei nonni del giovane di Scandicci ucciso da un calcio alla testa sferrato dal picchiatore ceceno Rassoul durante un’aggressione in una discoteca di Lloret de Mar nell’agosto del 2017. Com’è noto, l’imputato si è reso irreperibile dall’estate del 2022. Tra le poche note positive di questa vicenda, c’è la “rimonta“ giudiziaria dell’Italia sulla Spagna. In assenza di un accordo tra i due Stati, infatti, dopo due gradi di giudizio per ogni Paese (tutti univocamente conclusi con una condanna) diventerà effettiva la pena che sarà definitiva per prima.
Considerato che i giudici italiani hanno condannato Bissoultanov a 23 anni di carcere contro i 15 comminati dalla Spagna (per la medesima imputazione, omicidio volontario), è normale che una famiglia che da oltre sei anni grida "giustizia per Niccolò" auspichi l’ultimo sprint da parte del nostro paese.
Ma da ottobre, quando sono scaduti i termini dei ricorsi, ancora non è stata calendarizzata quella che potrebbe essere l’udienza del verdetto finale.
L’estate scorsa, la corte d’assise d’appello di Roma ha confermato la condanna a 23 anni inflitta in primo grado. La difesa del ceceno, con l’avvocato Gianzi, ha appellato la sentenza. Mossa attesa, proprio nell’ottica di questa gara virtuale tra i due Paesi. L’imputato, dal canto suo, ha l’esigenza opposta: cioè quella di sperare che sia la Spagna a far diventare definitiva per prima la sentenza. Con quattro anni di carcere già scontati sotto forma di detenzione preventiva, al 30enne Bissoultanov non resterebbe molto altro da espiare, se scontasse il resto della pena nel paese dove si è trasferito e da dove, l’altra estate, ha iniziato la sua latitanza.
Ma dov’è, Bissoultanov? Altra nota dolente di questa dolorosa vicenda. Luigi Ciatti ripete l’appello affinché le polizie internazionali, a partire da quella spagnola, si attivino per le ricerche dell’assassino di suo figlio, inserito tra l’altra anche nella “red list“ dell’Interpol.
Ma oggi non ci sarebbe la necessità di dar la caccia a nessuno se, propria dai giudici di Roma, non fosse giunto, alla vigilia del 2021, un provvedimento clamoroso.
L’Italia, in virtù di un proprio mandato d’arresto europeo, aveva infatti ottenuto l’estradizione di Bissoultanov, dopo il suo arresto in Germania durante un permesso concesso dal tribunale spagnolo per recarsi dai familiari a Strasburgo. Ma con un’ordinanza che è stata poi giudicata illegittima dalla nostra Suprema Corte, l’imputato venne rimesso in libertà.
Bissoultanov ne approfittò per tornare immediatamente in Spagna, l’unico paese che, avendo un processo incardinato, non avrebbe dato esecuzione al mandato italiano.
Senza quel provvedimento di Roma, la strada processuale sarebbe stata un’altra: la Spagna avrebbe infatti interrotto il proprio procedimento per assenza dell’imputato, e l’Italia avrebbe portato a termine il proprio iter giudiziario. Senza quella gara che oggi, invece, non si è ancora conclusa.