GABRIELE MANFRIN
Cronaca

Il passato che non torna. Angelo ora è in pensione: "Si stava meglio quando si stava peggio"

"I cantieri prima erano quasi una famiglia, ci si conosceva tutti. Adesso vedo molti ragazzi andare al macello, troppe pressioni".

Il passato che non torna. Angelo ora è in pensione: "Si stava meglio quando si stava peggio"

"Guardando cosa è diventato lavorare nei cantieri, lo dico tranquillamente: si stava meglio quando si stava peggio" Più di cinquant’anni passati cazzuola in mano e volto sporco di calce, molti dei quali proprio da responsabile della sicurezza. E poi nei cantieri delle costruzioni stradali e, agli inizi a montare ponteggi. A sessantacinque anni, da meno di due anni in pensione, Angelo Raimondi guarda alla strage di via Mariti e si commuove. Quel misto di rabbia e dolore per aver perso un compagno di lavoro. Perché una volta davanti alle betoniere si diventava famiglia, più che colleghi.

Raimondi, i cantieri oggi sono un altro mondo rispetto ai suoi tempi?

"Oggi c’è meno umanità. Prima era un mondo più inclusivo. Si stava insieme, ci si conosceva. I cantieri sembravano quasi una famiglia".

Adesso non è più così?

Scuote la testa. "A volte li vedo questi ragazzi e mi sembra che stiano andando al macello. Tra di loro nemmeno si conosco più ma è logico che con i contratti brevissimi che vengono fatti le persone non riescano a legare. C’è chi viene assunto per una settimana, chi per un mese, chi per due".

La professione di muratore è cambiata?

"E’diventato tutto più frenetico, veloce. Sembra che l’obiettivo principale sia fare presto, finire prima, e le logiche del lavoro sono unicamente orientate al profitto. ’Finire prima per guadagnare’ è questo il pensiero imperativo".

Sui lavoratori ci sono pressioni per finire presto?

"Purtroppo sì, e questo porta a non fare un lavoro di qualità. Vivono nella frenesia. Ed è nella frenesia, che si crea il pericolo".

E non è sempre stato così?

"I tempi andavano rispettati anche in passato, ma si lavorava più tranquilli. C’era più confronto e tempo per riflettere ed era anche i lavoro a trarne beneficio. Il carpentiere decideva insieme al muratore le mosse da fare. Ora è tutto veloce, il confronto è quasi tempo perso".

Insomma, ora si corre...

"Esatto, è proprio cambiato il rapporto con i datori di lavoro".

In che senso?

"Che oggi praticamente non esiste. Prima gli imprenditori erano vicini, direi accanto ai propri operai e stavano in cantiere. Sapevano chi eravamo, da dove arrivavamo e quali compiti avevamo. Ecco, diciamo che quegli imprenditori non ci sono più".

E chi c’è adesso?

"Ora ci sono gli immobiliaristi, che inseguono solo il profitto e in molti casi si basano su un sistema di lavoro che poggia sui sub appalti. E’ logico che non siano vicini ai propri dipendenti, che non ne conoscano le necessità e i bisogni. Non hanno interesse a investire su di loro".

E nemmeno sulla sicurezza?

"Per quanto ancora si possa e si debba fare, rispetto ai miei tempi, il cantiere è più sicuro. Non c’erano i caschetti allora ma adesso manca la formazione. Le scuole edili sono sempre meno frequentate: eppure lì si imparano i mestieri e si capisce come comportarsi sul luogo di lavoro. Prima erano fondamentali".

Qualche incidente in cinquant’anni però l’avrà visto?

"Certo, può sempre capitare. Quando mi occupavo di edilizia stradale un mio collega perse un dito".

E la strage degli operai di via Mariti. Cosa ha provato?

"So cosa vuol dire questo lavoro, il dolore è stato forte. Sono andato alla manifestazione per esprimere vicinanza ai lavoratori del cantiere e per dire basta morti sul lavoro".