Il dramma dei bimbi in fuga dai missili

Stefano

Grifoni

Sono tutti i giorni colpito dalle drammatiche immagini che arrivano dalla Ucraina, sconvolto da quelle di una ragazzina che piangendo disperatamente corre lungo la strada con i libri sottobraccio per sfuggire ai bombardamenti e da tante altre di bambini piccoli che dormono sulle ginocchia delle loro madri inconsci di quello che sta succedendo intorno a loro. Avverto un dolore profondo e faccio fatica a trattenere le lacrime. Quelle creature nascono e crescono con la guerra, vivono sentendo il rombo degli aerei carichi di morte, il suono delle mitragliatrici dei caccia in picchiata, dei fischi e dei soffi delle bombe in arrivo, respirano gli odori e l’umidità dei rifugi sotterranei. Le persone che si riparano in questi spazi ristretti, in una forzata promiscuità, si guardano intorno cercando qualcuno con cui condividere due parole, altri piangono. Alcuni ragazzi rincuorano le loro mamme abbracciandole e asciugando loro le lacrime, altri tengono la testa fra le mani come se cercassero di non sentire. I più grandicelli giocano facendo finta che tutto vada bene. Per le strada, distesi per terra cadaveri rattrappiti nascosti sotto le coperte, altri sotto le rovine, morti ammassati alla rinfusa in buche scavate nel terreno. Questo tempo maledetto sta regalando ai bambini e ai ragazzi un grande bagaglio di memorie fatte di paura, morte , freddo e fame. Nei loro disegni non ci sono più fiori, case e fate ma cuoricini, arcobaleni, carri armati, bombe e soldati avvolti nella bandiera ucraina. Molti bambini riescono ad arrivare alla frontiera da soli perché hanno perso le loro famiglie oppure mandati dai familiari costretti a rimanere in Ucraina. Queste sono le misure più disperate e dolorose per proteggere i propri figli dalla guerra: allontanarli, mandarli via con vicini e amici in altri paesi senza poter conoscere cosa riserverà loro il futuro.